Nessuna polemica, ma qualche spicciolo di verità forse fa bene

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Aiuta a ritornare alla calma e alla fredda logica dei fatti.
Circolano troppe anime belle che in questi giorni pensano di fare i pompieri e invece si comportano come dei veri e propri incendiari.
La situazione è seria, sottovalutarla rivela semplicemente un comportamento immaturo, se non pericoloso.
Lo ha detto il Ministro della Salute Roberto Speranza, avvertendo che la crisi del CoronaVirus non è passata.
E che bisogna rispettare le indicazioni che vengono dalle Istituzioni e dalla comunità scientifica.
Condivido le misure adottate dal Governo italiano: sono all’altezza della gravità del passaggio storico.
Io – che non ho responsabilità di governo – dico più prosaicamente che non è più tempo di scherzare.
E questo riguarda ciascuno di noi.
Possiamo rinunciare per qualche giorno ad alcune abitudini sociali che appaiono intoccabili e che rischiano di contribuire a far proliferare il virus?
Possiamo fare più attenzione quando prendiamo la metro, quando entriamo in un ristorante, quando frequentiamo il nostro luogo di lavoro?
Possiamo dire che sospendere per dieci giorni le scuole e le università è una misura precauzionale che serve agli insegnanti, agli studenti, agli operatori in generale?
Possiamo realizzare che ciascuno di noi può fermare il contagio se si carica addosso un pezzo di questa impresa titanica?
Davvero pensiamo che se ci fermiamo tre settimane crolla il mondo, arrivano le cavallette, ci invadono gli alieni?
La salute vale più dello spread, la vita dei nostri genitori o dei nostri figli vale più delle oscillazioni della borsa.
Questo non può essere solo uno slogan, ma una bussola per la vita.
Le conseguenze della pandemia saranno gravi sul piano economico, occorreranno misure forti e straordinarie, servirà chiedere all’Europa non semplicemente più flessibilità, ma lo sforamento del debito per far ripartire lavoro e imprese.
Serve che chi ha pagato il prezzo più grande di questa crisi – chi ha meno soldi, chi è precario, chi ha una piccola attività – sia protetto, aiutato a ripartire.
Sono necessarie misure urgenti come chiedono giustamente le parti sociali.
Detto questo, ricordiamoci che siamo la settima potenza industriale al mondo: ci riprenderemo. E bene.
E chissà se una crisi così inedita non ci costringa a ripensare un modello di sviluppo fondato su un’idea della crescita illimitata e dello sfruttamento estremo delle risorse.
Forse il tema non è più la velocità delle connessioni, ma il passo giusto delle relazioni.
Il nostro sistema sanitario nazionale è forte, ma anche la macchina più oliata del mondo può andare in tilt, se non c’è una cooperazione dei cittadini.
Le strutture – se il virus dovesse avere picchi ancora più alti – andrebbero in overbooking e il diritto alla cura non sarebbe più automaticamente garantito.
Paghiamo purtroppo anni di tagli e uno spezzettamento dei poteri che hanno reso esausta la sanità pubblica, nonostante gli sforzi di chi oggi la guida e fa una fatica di Sisifo per tirarla di nuovo su.
Perché purtroppo anche il liberismo è stato un virus contagioso.
Per questo oggi accanto allo Stato serve la mobilitazione dei cittadini.
Il virus lo possiamo battere solo noi.
Non sta scritto da nessuna parte che rallentare un pò non ci faccia bene.
Alla salute sicuramente, ma anche alla testa e al cuore.
Che troppe volte abbiamo messo in quarantena.