NESSUNO PENSI DI RIALZARE I TASSI D’INTERESSE

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Si torna a parlare dello spettro dell’inflazione

Con i rialzi dei prezzi che stanno investendo moltissime materie prime e i cui effetti si stanno già ripercuotendo sui prezzi di produzione di interi comparti. Qualcuno si sta addirittura spingendo ad attribuire questi rialzi alle politiche espansive delle Banche Centrali, e c’è da aspettarsi che dalle parti di Berlino i fans dell’Austerity colgano la palla al balzo per chiedere una stretta monetaria tanto auspicata e tanto potenzialmente dannosa.
Sì perché la realtà è molto più complessa della pura e semplice semplificazione moneta=inflazione. I rialzi dei prezzi, principalmente delle materie prime, hanno poco a che vedere con eccessi di domanda – frutto di politiche monetarie espansive – ma dipendono piuttosto da strozzature dal lato dell’offerta dovute all’incertezza figlia della pandemia mondiale.

Ciò a cui stiamo assistendo è un’inflazione importata dalla catena globale di approvvigionamento, e la vera sfida sarà capire se e in che modo questi movimenti di inflazione temporanea si tramuteranno in movimenti consolidati nel tempo. Il vero rischio, dunque, è che qualcuno pensi di rispondere a un problema di offerta con misure restrittive dal lato della domanda, che in una fase in cui l’economia deve accelerare per uscire dalla crisi avrebbero effetti devastanti. Non a caso ieri la tedesca Isabel Schnabel, membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale europea e ben consapevole degli umori in terra teutonica, ha messo le mani avanti affermando che “l’inflazione in Germania potrebbe aumentare fino al 3% ma l’incremento non dovrebbe essere permanente e comunque non dovrebbe spingere la Bce a modificare la propria politica monetaria”.
Staremo a vedere.

Come Italia dobbiamo fin da ora farci trovare pronti a respingere qualsiasi ipotesi folle di aumento dei tassi o di revisione del piano pandemico della Bce. Rischieremmo una stagflazione, devastante per tutti i redditi. Un processo “sano e naturale” dell’inflazione può essere affrontato tutelando il potere di acquisto dei lavoratori/consumatori. È con un aumento di spesa per le imprese sui salari si compensa con una maggiore domanda dei beni.

Raphael Raduzzi