“Non c’è un secondo da perdere, altrimenti il Paese affonderà”

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«La verità è che le imprese sono in grande difficoltà. Devono fare i conti con cambiamenti di mercato epocali. Vorrebbero avere certezze, intravvedere un minimo di politica industriale. Invece il premier Conte prende tempo. E Cgil, Cisl e Uil sono ferme al secolo scorso». Alberto Baban, veneziano, ex leader nazionale dei piccoli di Confindustria durante la presidenza di Vincenzo Boccia, il mondo imprenditoriale lo ha frequentato percorrendo in lungo e in largo la penisola. Per non parlare del Nordest patria delle Pmi. Così, per spiegare il nuovo corso confindustriale inaugurato dal lombardo Carlo Bonomi, fatto di scontri al calor bianco con il governo e i sindacati, parte proprio dagli umori «neri, se non inferociti» della base. «Certo, sarebbe meglio se tutti abbassassero i toni» continua Baban. «Ma le rigidità, i toni alti, le polemiche, nascono da una drammatica constatazione: non c’è più un secondo da perdere. Altrimenti il Paese intero affonderà».

Bonomi, a proposito dei cento miliardi messi dal governo per fronteggiare la pandemia, sostiene che i soldi sono stati spesi male e che gli interventi a pioggia non hanno risolto nulla. Ma non sono state le stesse categorie, nessuna esclusa, a chiedere a gran voce finanziamenti a fondo perduto?
«Chiaro, l’Italia si è fermata e tutti hanno legittimamente reclamato un sostegno. Una scelta obbligata anche per attutire il divario tra pubblico e privato, garantiti e non garantiti, in sostanza tra chi non ci ha rimesso un euro e chi ha visto azzerati i redditi. Il punto è che bisogna cambiare passo. Subito. Altro che task force…».

Non pensa che la risalita potrà cominciare solo con il Recovery Fund?
«Assolutamente sì. Siamo a un appuntamento con la storia: con il Recovery Fund e gli altri strumenti europei, c’è da augurarsi compreso il Mes, avremo a disposizione la più massiccia iniezione di liquidità dai tempi del Piano Marshall. Per questo il sistema delle imprese vorrebbe una visione. È ora di stabilire dove si vogliono impiegare quelle risorse».

Con il governo è scontro anche sulla proroga della cassa integrazione.
«È doloroso parlare di licenziamenti. Ma permettere prima possibile alle aziende di contenere i costi e avviare processi di ristrutturazione significa provare ad accelerare l’uscita dalla crisi. Mettere la testa sotto la sabbia per poi assistere a una marea di fallimenti è inutile».

Non finisce qui. Bonomi è ai ferri corti pure con i sindacati. Non sarebbe utile firmare i contratti nazionali scaduti, che interessano dieci milioni di lavoratori?
«I contratti nazionali vanno firmati. Ci si arriverà e sarebbe meglio se su questo terreno si sgombrasse il campo da rigurgiti ideologici. Rimane il fatto che la vera sfida è spostare la contrattazione sul livello territoriale e aziendale».

Scusi, Baban, non crede che il clima esacerbato nuoccia in particolare alla piccola e media impresa veneta, dove tutti, imprenditori e lavoratori, non chiedono che di rimboccarsi le maniche per ripartire?
«Non ci sono dubbi: flessibilità, produttività, partecipazione alle decisioni strategiche, sono concetti che fanno parte del Dna delle aziende nordestine. Esattamente quello di cui abbiamo bisogno oggi. L’autunno, invece, si preannuncia caldissimo. A maggior ragione ci vorrebbero una guida sicura e idee chiare».