Nuovi possibili marcatori per il mesotelioma pleurico

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Le caratteristiche delle cellule immunitarie che infiltrano il tessuto tumorale sembrano offrire indicazioni preziose per ottimizzare diagnosi e prognosi della malattia e scegliere le terapie più appropriate.

Per una medicina sempre più precisa è fondamentale disporre di strumenti di diagnosi e prognosi dei tumori sempre più accurati. Solo così, infatti, si possono capire bene le caratteristiche del tumore di ciascun paziente e gli eventuali punti deboli, per stabilire la terapia più opportuna. Vanno proprio in questa direzione i risultati, pubblicati sul Journal of Thoracic Oncology, di uno studio condotto dal gruppo di ricerca di Chiara Riganti dell’Università di Torino. Nello studio i ricercatori hanno cercato nuovi possibili marcatori diagnostici e prognostici per il mesotelioma pleurico.

I ricercatori si sono concentrati sul microambiente tumorale e in particolare sulle cellule immunitarie che infiltrano il tumore stesso. “Il mesotelioma pleurico possiede un’elevata capacità di neutralizzare la naturale azione antitumorale del sistema immunitario, il che spiega anche gli scarsi successi dell’immunoterapia contro questa malattia” spiega Riganti. “Sapere quali sono le cellule immunitarie che infiltrano il tumore è il primo passo per ottimizzare questi approcci terapeutici.”

Riganti e collaboratori hanno lavorato con campioni biologici di 275 pazienti che si erano sottoposti a toracoscopia per un versamento pleurico, possibile sintomo di un tumore della pleura. Con tecniche di analisi come la selezione cellulare accoppiata a citofluorimetria, hanno esaminato le cellule immunitarie eventualmente presenti sia in biopsie di tessuto pleurico sia nel liquido di versamento, scoprendo che le caratteristiche delle cellule presenti nella pleura – ma non nel liquido – cambiavano a seconda che il paziente fosse affetto da pleurite non maligna, mesotelioma pleurico o metastasi di altro tumore. In caso di mesotelioma, inoltre, permettevano di prevedere l’evoluzione della malattia in risposta alla terapia. Tra le caratteristiche associate a una prognosi peggiore c’era per esempio una bassa percentuale di linfociti antitumorali come i linfociti T CD8 e un’alta percentuale di cellule immunitarie tolleranti il tumore (come linfociti T regolatori e cellule mieloidi che sopprimono la reazione di difesa).

Secondo i ricercatori, il cui studio è stato sostenuto da AIRC, la scoperta potrebbe essere utile anche per indirizzare meglio eventuali terapie, per esempio puntando su trattamenti che a seconda dei casi sopprimano la componente immunitaria più tollerante o potenzino quella più attiva contro il tumore. “Per passare davvero all’ambito clinico, però, servono ulteriori studi più ampi” conclude Riganti.