Nuto (l’amico di Cesare Pavese)

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Lo incontrai nella sua bottega a Santo Stefano Belbo, senza appuntamento per­ché aveva poca simpatia per i giornalisti. Arrivai con Bruno Sabbatini nel pomerig­gio, ma ci accolse molto freddamente. Giuseppe Scaglione, il “Nuto” della “Luna ed i falò’” era l’amico di Cesare Pa­vese. Si erano incontrati l’ultima volta l’8 luglio del 1950. Lo scrittore lo aveva omaggiato di una copia del celebre romanzo con una dedi­ca che lo aveva turbato: “A Pinolo questo libro, l’ultimo che avrò scritto, dove si parla di lui, chiedendo scusa delle invenzioni”. Cesare Pavese morì suicida a Torino il 27 agosto, appena due mesi dopo. Nuto quel giorno, quando ormai era­no passati più di trent’anni dalla morte dell’amico, non aveva nessuna voglia di parlare né di rilasciare interviste.
Ci voleva qualcosa per ammansirlo e a Bruno venne un’idea brillante. Gli chiese se sapeva ancora suonare il clarinetto. Non l’avesse mai detto. Scaglione affer­rò lo strumento e non la finiva più. Venti minuti di seguito. Senza avvisarlo lo ri­prendemmo con la telecamera. Appena finito lo incalzai con le do­mande. Ci raccontò tutto della sua vita, di quella di Pavese e della loro straordinaria
amicizia per oltre un’ora. Negli ultimi anni Nuto era rimasto l’u­nico amico di Pavese, deluso dalla vita e dagli amori sfortunati.
Ci salutò come i suoi due migliori ami­ci. Il clarinetto gli aveva ricordato i tempi felici e noi avevamo realizzato un’intervi­sta che era un pezzo di storia.