Orban ribadisce il suo no alla ridistribuzione dei migranti

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Roma, 18 set. (askanews) - Il refrain dall'Ungheria non cambia, anche dopo che l'Italia si è allontanata dalle posizioni di Budapest, lasciando la linea del premier Viktor Orban un po più isolata. In un'intervista pubblicata oggi dalla Stampa, il ministro degli Esteri Peter Szijjarto ha ribadito: quella dei migranti illegali è un'"invasione", quindi i porti devono restare chiusi e l'idea della ridistribuzione attraverso quote obbligatorie dei richiedenti asilo va combattuta. "Abbiamo speso oltre un miliardo di euro, abbiamo dispiegato polizia ed esercito al confine meridionale con la Serbia. Eabbiamo avuto successo: non ci sono immigrati illegali in Ungheria, li abbiamo fermati. E facendo così abbiamo tolto un fardello agli altri Paesi europei. Noi siamo stati i primi a bloccare l'invasione degli illegali lungo la rotta terrestre dei Balcani e l'Italia era riuscita, chiudendo i porti, a ripetere lo schema sul Mediterraneo. Poi però, è cambiato governo. E, con esso, l'approccio, e questo ci dispiace", ha detto Szijjarto. Dopo lo scontro di lunedì con il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, Szijjarto ribadisce la linea della chiusura alle richieste italiane di ridistribuzione e ridiscussione del trattato di Dublino. "Possiamo lavorare assieme per la protezione dei confini e per portare nelle zone di crisi, in aree colpite da difficoltà, della migrazione in Europa. L'Italia sta andando in una direzione opposta, rispetto alla nostra e a quella che aveva imboccato (Matteo) Salvini", ha insistito il capo della diplomazia magiara. Secondo Szijjarto, Salvini ha dimostrato che "l'immigrazione illegale può essere fermata" e che "è una bugia dire che contenere i flussi è impossibile e che bisogna ragionare sulla redistribuzione. Salvini ha dimostrato che se c'è la volontà di bloccare gli sbarchi si può fare". Invece l'idea delle quote obbligatorie è da "combattere". Perché "chi invita i migranti in Europa vorrà redistribuirli". Ma "tocca a noi, tocca agli ungheresi e alle singole Nazioni decidere con chi vogliamo vivere a casa nostra, non a meccanismi automatici".

Il refrain dall’Ungheria non cambia, anche dopo che l’Italia si è allontanata dalle posizioni di Budapest, lasciando la linea del premier Viktor Orban un po più isolata. In un’intervista pubblicata oggi dalla Stampa, il ministro degli Esteri Peter Szijjarto ha ribadito: quella dei migranti illegali è un’”invasione”, quindi i porti devono restare chiusi e l’idea della ridistribuzione attraverso quote obbligatorie dei richiedenti asilo va combattuta.

“Abbiamo speso oltre un miliardo di euro, abbiamo dispiegato polizia ed esercito al confine meridionale con la Serbia. Eabbiamo avuto successo: non ci sono immigrati illegali in Ungheria, li abbiamo fermati. E facendo così abbiamo tolto un fardello agli altri Paesi europei. Noi siamo stati i primi a bloccare l’invasione degli illegali lungo la rotta terrestre dei Balcani e l’Italia era riuscita, chiudendo i porti, a ripetere lo schema sul Mediterraneo. Poi però, è cambiato governo. E, con esso, l’approccio, e questo ci dispiace”, ha detto Szijjarto.

Dopo lo scontro di lunedì con il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, Szijjarto ribadisce la linea della chiusura alle richieste italiane di ridistribuzione e ridiscussione del trattato di Dublino. “Possiamo lavorare assieme per la protezione dei confini e per portare nelle zone di crisi, in aree colpite da difficoltà, della migrazione in Europa. L’Italia sta andando in una direzione opposta, rispetto alla nostra e a quella che aveva imboccato (Matteo) Salvini”, ha insistito il capo della diplomazia magiara.

Secondo Szijjarto, Salvini ha dimostrato che “l’immigrazione illegale può essere fermata” e che “è una bugia dire che contenere i flussi è impossibile e che bisogna ragionare sulla redistribuzione. Salvini ha dimostrato che se c’è la volontà di bloccare gli sbarchi si può fare”.

Invece l’idea delle quote obbligatorie è da “combattere”. Perché “chi invita i migranti in Europa vorrà redistribuirli”. Ma “tocca a noi, tocca agli ungheresi e alle singole Nazioni decidere con chi vogliamo vivere a casa nostra, non a meccanismi automatici”.