Orlando: cig fino a giugno, per pmi fino a ottobre

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Cassa integrazione fino a giugno per tutti e fino a ottobre per le piccole imprese che attualmente non hanno la tutela della cig ordinaria. Lo ha detto il ministro del Lavoro Andrea Orlando in un’intervista a Rai Radio1 come si legge in una nota diffusa dall’emittente. Il ministro ha spiegato che la cig per i lavoratori che non hanno la cig ordinaria finirà quando gli ammortizzatori sociali saranno estesi a tutti: un lavoro che il ministero porta avanti con le parti sociali e pensa di concludere entro ottobre. “Nessuno verrà lasciato solo ma accompagnato nella perdita di un lavoro ad uno nuovo”, ha detto. Sulla revisione del Reddito di cittadinanza Orlando, pur riconoscendo che ha reso la crisi sociale pandemica meno grave, ha affermato che “vanno rivisti gli elementi che hanno creato distorsioni oltre a combattere chi non ha titolo per riceverlo”. “La platea va allargata a situazioni che attualmente non sono tutelate”, ha aggiunto il ministro. Transizione ecologica “inclusiva” La transizione sia “inclusiva”, in primis “dal punto punto di vista sociale” e per questo c’è una riflessione su come “ripensare anche gli ammortizzatori sociali e gli strumenti delle politiche attive del lavoro in funzione della transizione”. Lo ha detto il ministro in un passaggio del suo intervento in videoconferenza alla presentazione del master sulla transizione ecologica dell’Università di Modena e Reggio Emilia. “Lo dico come titolare di un dicastero che dovrà accompagnare, credo, i processi di trasformazione. Stiamo riflettendo per esempio adesso, e ne riparleremo presto con i ministri competenti a partire dal ministro Cingolani, dell’esigenza di ripensare anche gli ammortizzatori sociali e gli strumenti delle politiche attive del lavoro in funzione della transizione. Perché è del tutto evidente che la transizione o è evoluzione del capitale umano, del lavoro o rischia di fallire”. Per transizione serve partecipazione La transizione ecologica “deve coinvolgere profondamente il fattore umano: non si tratta semplicemente di un cambiamento di cose, di un passaggio tra un assetto fisico e un altro. Impone anche una trasformazione e una capacità di coinvolgimento delle persone, delle donne e degli uomini. Quindi conoscenza, ma anche partecipazione, ed equità”, ha detto il ministro Orlando. “Perché se la trasformazione non è condivisa ed equa – sottolinea il ministro – il rischio è che ci siano reazioni di carattere sociale contro, che ostacolano, da pezzi di società che in qualche modo non vedono alcuna prospettiva individuale dentro una promessa collettiva”. Per Orlando va combattuta una “resistenza”, una “opposizione sottile” che tende a “sminuire, deformare, a rendere meno desiderabile questo percorso e questo processo”. Qui entra in gioco il sapere, creare la consapevolezza che “non stiamo parlando, come spesso si cerca di far passare, di un processo che riporta all’indietro. Per mantenere uno standard di vita come quello che abbiamo conquistato, un’età media come quella che abbiamo conquistato, un benessere diffuso ma utilizzando meno risorse, abbiamo necessità di più tecnologia, di più innovazione, di più sapere”. Transizione coinvolga anche le pmi La transizione ecologica sia inclusiva non solo sul piano delle politiche sociali, ma anche “dal punto di vista della capacità di tenere dentro tutto il sistema produttivo”, i grandi che fanno avanguardia al pari dei piccoli, ha aggiunto Orlando. “Spesso la transizione viene un po’ raccontata come una sequela di eccellenze – spiega Orlando – di aziende che sono molto avanti sulla frontiera tecnologica” e che “indicano la strada”. Questo “è molto giusto”, sottolinea, “perché non c’è nessun processo che si realizzi senza qualche avanguardia. Poi però il problema è anche quello di saper tenere dentro la retroguardia”. L’attenzione, evidenzia Orlando, non può essere più solo sulla “green economy”: “io credo che nei prossimi anni dovremo occuparci molto della ‘brown economy’, che ancora persiste, e di come gli si danno degli strumenti per creare una evoluzione”. Guardando al panorama italiano, “in un sistema produttivo fortemente frammentato, fatto di piccole imprese, spesso a gestione familiare, la transizione non è detto che sia più semplice che in altri paesi. E da questo punto di vista noi dobbiamo pensare una ‘via italiana’ alla transizione”. Occorre tener conto che “una struttura produttiva in cui per troppo forse si è detto che il piccolo era bello avrà più difficoltà di altri paesi ad affrontare questi passaggi”, ha detto il ministro. “Aver messo insieme le deleghe ad ambiente, energia, aver costruito un comitato interministeriale che si occupa della transizione” è per Orlando un approccio “giusto che deve provare a coordinare e a coinvolgere anche l’impresa più piccola”. Anche i piccoli, conclude, devono essere resi “soggetto di questa trasformazione. È la grande sfida che noi oggi abbiamo davanti”. Transizione impone cambiamento finanze e governance Il processo di transizione ecologica impone un ripensamento di finanza e governance, ha detto il ministro del lavoro. “Cambiare la finanza è uno degli strumenti essenziali – dice Orlando – pensiamo quanto sul modello abbiano inciso strumenti che imponevano ritorni a breve termine, e quanto invece ci sia necessità di capitali più pazienti per pensare a processi di transizione. La distorsione dell’attuale modello è anche la conseguenza di una certa idea della finanza che imponeva ritorni a brevissimo termine e che quindi imponeva anche una dimensione produttiva molto predatoria rispetto alle risorse. Credo che il fatto che la finanza cambi sia un elemento di grande importanza”. Poi “la transizione impone anche un ripensamento della governance”, “le nostre governance non sono in grado di tener conto di alcuni fenomeni che sono sovranazionali, ma anche soltanto sovraregionali”.