Osteosarcoma, non ce l’ha fatta la figlia dell’allenatore Luis Enrique

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La piccola, di soli 9 anni, lottava da cinque mesi contro questo aggressivo tumore osseo

A meno di una settimana dalle commoventi immagini di Sinisa Mihajlovic, l’allenatore del Bologna che sabato scorso è tornato in panchina a dirigere la sua squadra, dopo quasi quaranta giorni di ricovero in ospedale per il trattamento di una grave forma di leucemia, il mondo del calcio, e non solo, è scosso dalla notizia della morte di Xana Enrique, figlia del famoso allenatore Louis, vincitore della Champions League con il Barcellona nella stagione 2014-2015. La piccola Xana, 9 anni, era affetta da un osteosarcoma, una delle più comuni forme di neoplasia dell’osso (si stima che rappresenti tra il 20 e il 50% dei sarcomi ossei).

Louis Enrique ha diffuso la notizia della morte della figlia in una nota affidata ai social, nella quale informa che la piccola Xana è deceduta dopo aver lottato intensamente per cinque mesi contro questa patologia. “Ci mancherai molto, ma ti ricorderemo ogni giorno della nostra vita nella speranza che ci incontreremo di nuovo in futuro. Sarai la stella che guida la nostra famiglia”: sono le struggenti parole dell’ex tecnico del Barcellona che, a fine dello scorso marzo, si era dimesso improvvisamente dall’incarico di allenatore della Nazionale spagnola. Allora – per il dovuto rispetto nei confronti dell’allenatore e della sua famiglia – non erano state fornite spiegazioni circa le motivazioni del suo inatteso passo indietro. Oggi è lo stesso Enrique che rivela i tragici motivi della sua scelta e il mondo del calcio – e di tutto lo sport – si unisce al suo cordoglio privato.

L’osteosarcoma è un tumore aggressivo e a crescita rapida: nella gran parte dei casi, affligge le metafisi delle ossa lunghe (femore distale o tibia prossimale). La diagnosi differenziale è importante per distinguerlo dalla miosite ossificante o dalla displasia fibrosa monoostotica. In questo senso, uno dei primi esami di laboratorio da eseguire è il dosaggio della fosfatasi alcalina, che in più della metà degli osteosarcomi risulta aumentata. La risonanza magnetica è utile per definire l’estensione della malattia ma la conferma diagnostica è affidata alla biopsia, che deve essere eseguita in centri esperti ed è insostituibile per inquadrare correttamente il tipo istologico di ostesarcoma. Di questa malattia, infatti, esistono forme molto aggressive, come l’ostesarcoma teleangectasico o l’osteosarcoma multicentrico, per le quali le probabilità di guarigione risultano molto basse. Il trattamento dell’ostesarcoma consiste in chemioterapia (i farmaci più usati, in varie combinazioni, sono metotressato ad alte dosi, cisplatino, adriamicina e ifosfamide) e chirurgia (grazie all’ausilio della risonanza magnetica nucleare e alle nuove protesi, i progressi sono stati notevoli). I tassi di guarigione sono aumentati rispetto a trent’anni fa e le amputazioni sono diminuite, scendendo a meno del 10%, ma l’osteosarcoma rimane uno dei più pericolosi tumori ossei.