Ozono, timori su nuove sostanze

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Dopo l’allarmante aumento misurato nel 2016, la presenza nell’atmosfera del potente gas CFC-11, responsabile del buco dell’ozono, è tornata a livelli molto bassi. Lo annunciano due studi appena pubblicati sulla rivista Nature. La situazione resta tuttavia fragile e i risultati dimostrano quanto sia efficace il monitoraggio portato avanti dagli istituti di ricerca.

“Il CFC-11 era impiegato nelle schiume isolanti, ma anche negli spray per i capelli ed è stato vietato mondialmente nel 2010, proprio per la sua evidente responsabilità nell’erosione dell’ozono. Nel 2016 un nostro collega delle Hawaii ha scoperto nell’atmosfera concentrazioni molto elevate di questo gas. Le abbiamo tracciate grazie ad altre misurazioni effettuate in Corea del Sud e abbiamo scoperto che erano rilasciate da una precisa regione dell’est della Cina”, racconta il chimico ambientale Stefan Reimann, co-autore di una delle ricerche condotta dall’EMPA, il laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca.

Gli interventi messi in campo dal quel momento sono serviti a invertire la tendenza già dal 2017. Ora sappiamo che il buco si sta via via rimarginando e potrebbe chiudersi del tutto entro il 2050.

“La situazione è ancora fragile, si è senz’altro stabilizzata, ma bisogna vigilare affinché non venga nuovamente aggravata da altre sostanze. Con l’EMPA ne abbiamo recentemente scoperte alcune potenzialmente dannose, la cui provenienza è un mistero, non sono mai state impiegate. Eppure le troviamo in basse quantità nell’atmosfera, crediamo siano dei composti emessi da alcune fabbriche. Stiamo indagando perché dobbiamo prevenire problemi che potrebbero aggravarsi in futuro”, spiega Reimann.

Per quanto riguarda invece il riscaldamento globale, la sfida è più complessa. “Il CO2 e il metano sono sostanze collegate direttamente al nostro stile di vita, non abbiamo dei sostituti. Possiamo misurarli nell’atmosfera e rintracciarne la provenienza. E potrebbe essere molto interessante capire quali Paesi stanno rispettando i trattati di Kyoto e Parigi. Ritengo che le misurazioni indipendenti possano essere un valido strumento per ridurre il riscaldamento globale”,