Paita: “Basta lacerazioni e faide sui nomi. Per sconfiggere Toti servono idee”

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«Sarebbe grave infilarci in discussioni e lacerazioni invece di elaborare un progetto alternativo al disastro del centrodestra» . La deputata di Italia Viva, Raffaella Paita, lancia un «avviso ai naviganti».

Paita, ci sono margini per una scelta condivisa nel campo giallorosso?
«Se dopo quello che è accaduto sulla gestione dell’emergenza Covid e davanti al tasso di inadeguatezza del centrodestra, non ci rendessimo conto che serve un progetto alternativo e autorevole, sarebbe gravissimo. Non infiliamoci in discussioni che portano a lacerazioni».

A cosa si riferisce?
«Sono rimasta stupita da chi assicura il candidato in 15 giorni o da chi fa appelli sui nomi. Mi sarei aspettata dalle forze di opposizione un appello per formulare una risposta strutturata e comune sulla sanità».

Però i renziani non hanno ancora aderito ad alcun tavolo. Perché?
«Se ci avessero chiamati a discutere di sanità ci saremmo andati. Invece si continua a parlare del metodo sul nome. Faccio io un appello. Abbiamo assistito a medici di base in rivolta, assenza di risposte sul territorio, confusione negli ospedali, medici e infermieri allo sbando. La risposta del centrodestra è stata commissariare le Asl, passando dal libro bianco della sanità all’uomo solo al comando. Invece di parlarci addosso, affrontiamo questi temi».

È esclusa l’ipotesi di corse solitarie di Italia Viva?
«Non è detto che ci si riesca a unire. Per battere Toti servono un programma e persone all’altezza, in un fronte della responsabilità. Ma, per Italia Viva, alcuni temi come sviluppo, infrastrutture e sanità devono avere cittadinanza».

Alcuni propongono Sansa o Massardo. Che ne pensa?
«Con Sansa abbiamo avuto percorsi diversi, ma è una persona che stimo. Come Massardo o Conti. Profili autorevoli, ma senza un progetto comune e autorevole non si vince».

Toti si può battere?
«Si deve battere, perché ha governato male sia la sanità che l’economia liguri. Io penso che sia utile e urgente far ripartire il Paese, ma il grido di dolore dei sindaci è emblematico: c’è lo spazio per una risposta netta, anche trasversale. Ma partiamo dalle idee, non dai nomi».