Parlamentari espulsi, alcuni cambiano Gruppo, altri minacciano di andarsene

0
55

Altri ancora chiedono la modifica dello Statuto e denunciano finalmente l’assenza di confronto e democrazia all’interno del Movimento, mentre qualcuno, ibernato il 4 marzo, che ha accettato di votare qualunque nefandezza, “coltorto collo”, crede che il Parlamentare dovrebbe rinunciare ad avere una propria opinione politica, obbedendo a posizioni decise altrove e ratificate acriticamente dai Gruppi di Camera e Senato.

Ma la realtà è evidente a tutti: il Movimento si sta sgretolando di fronte alle proprie contraddizioni.

Luigi Di Maio strepita, minaccia sanzioni e chiede i “pieni poteri” del capo, tornando ancora a minacciare il vincolo di mandato. Quel vincolo peraltro declinato da Di Maio come obbligo di fedeltà al capo bastone, (figura che non doveva esistere nel Movimento), e non come lealtà rispetto alle deliberazioni assunte all’interno del Gruppo, toglierebbe a quest’ultimo, e quindi al Parlamento, ogni autonomia rispetto ai partiti.

Già adesso che il capo politico del Movimento ha semplicemente il controllo di fatto dei Gruppi, questi sono ridotti a prendere atto di decisioni altrui; il mandato imperativo annichilirebbe anche la sola possibilità per il Parlamento di esercitare il doveroso controllo sul Governo.

Si tratta di una condotta che ha due momenti volti allo stesso scopo: da una parte introdurre il vincolo di mandato e dall’altra ridurre il numero dei Parlamentari. La duplice mossa avrebbe l’effetto di sovraordinare l’Esecutivo, o comunque i partiti, al Parlamento.

Si tratta di una vera e propria eversione della forma di Stato, il quale perderebbe le caratteristiche della democrazia parlamentare. Il disfacimento che sta travolgendo il Movimento rischia di propagarsi alle Istituzioni democratiche.

In tutto ciò, chi da tempo aveva avvertito la gravità della deriva presa dal Movimento, è stato espulso ed era stato definito, assurdamente, un “traditore”. Ribadire alcuni elementi di fatto è quindi necessario al fine di evitare di essere omologato alla attuale “rivolta dei senza vergogna” e di chi ha preso coscienza in ritardo:

– Sono stato espulso (su indicazione di Luigi Di Maio) e non ho lasciato il Gruppo, come alcuni mistificatori continuano ad affermare pur sapendo di dire il falso;
– Sono stato accusato di avere assunto posizioni personali, con riguardo al Decreto “Sicurezza” (legge 113/2018), eppure, quando a settembre ’18, con Paola Nugnes, chiedemmo all’assemblea del Gruppo di discuterne, la presidenza non consentì e non fu assunta alcuna deliberazione in merito.

Il principio caratterizzante il Movimento, sintetizzato nella locuzione “uno vale uno”, è stato di fatto abolito, dal momento che la linea politica è decisa al di fuori dei Gruppi parlamentari. La mancanza di discussione e l’imposizione di non tenere posizioni personali è becera oltre che offensiva del ruolo del Parlamentare. La dialettica ed il confronto sono pregi della democrazia, che deve evitare derive oligarchiche.

I principi del Movimento 5 Stelle ed il programma votato dagli iscritti avrebbero dovuto essere i fari dei Parlamentari del Movimento. Ed allora, sono state assurde l’espulsione, i richiami e le procedure presso i probiviri di Parlamentari che hanno seguito questi fari nella loro azione.

Chi è stato espulso, come chi era stato segnalato, aveva cercato di migliorare le leggi per il bene dei cittadini, anche con azioni politiche forti, ma pur sempre nel rispetto di quei principi, facendo il suo dovere di Parlamentare, che non può limitarsi a schiacciare un bottone per eseguire “ordini dall’alto”, decisioni prese senza discussioni e calate da un vertice invisibile, incontrollabile ed autoritario