Patrizia Carrano – Illuminata – Milano, Mondadori, 2000, p. 254 (176)

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Elena Lucrezia Piscopia Cornaro (1646 – 1684), figlia di Giovanni Battista Cornaro, procuratore di San Marco de supra, la più alta carica di dignità dello Stato di Venezia, è stata la prima donna al mondo a laurearsi, con una tesi in filosofia – su proposta di padre Carlo Rinaldi – pur essendo ella pronta ad esserlo in teologia, laurea non ottenuta per opposizione del cardinale Barbarigo.
Morta prematuramente a causa di “tumore cachete”, fu donna dalla viva intelligenza, sensibile, caratterialmente inquieta, che si era imposta la purezza del corpo, la verginità, per restare fedele agli studi e dichiarandosi oblata benedettina (col nome di Elena Lucrezia Scolastica). Nella severità che si ea imposta, nascondeva un carattere forte, passionale, che – assecondata dal padre e dalla madre, Zanetta – la spronava a realizzare quello che aveva sempre voluto fin da ragazzina: primeggiare come gli uomini nel campo del sapere.
Gli anni a cui si riferisciono questi avvenimenti vedono una Repubblica di Venezia stremata dalla lunga guerra contro i turchi, ma che coltiva, al suo interno, comunque il sapere, la cultura e le arti.
La bravura della Carrano – accanto ad altre biografie, tra cui quella più antica di Maximiliano Deza del 1692 – è stata quella di ritrarre una donna “unica”, ripercorrendo numerosi avvenimenti reali che hanno caratterizzato la vita di Elena, intrecciandoli a pochissimi personaggi e fatti di fantasia, per scrivere un romanzo molto gradevole, scorrevole, che ben “dipinge” – nel rispetto della vita familiare – le pulsioni interiori oltre che i comportamenti esteriori di quei 38 anni vissuti solo alla ricerca del sapere e della conoscenza, come pochi altri.
Una “magistra”, Elena Cornaro, che pure conobbe intimamente un amore segreto, ma un amore purissimo con un erudito arabo, Ibn al-Fàrid, a cui l’univa la comune dedizione allo studio, rifiutando anche la proposta di matrimonio di un principe tedesco. Ella ebbe pure sentimenti nobili per gli altri familiari, per i suoi precettori e insegnanti, anche molto importanti, per una maestra di musica – a cui fu molto legata – e nutrì affetto per una serva, Antonia, in seguito morta per un’estrazione dentale infettatasi.
Iniziò i suoi studi, con un leggio speciale appositamente per lei costruito, nella grande, ricca ed invidiata biblioteca paterna: “…un spazioso teatro bislongo ed ampio, alte ed eleganti scanzie d’ogn’intorno con undeci alzate e ripartimenti di libri, così ben disposti ed ordinati che rendono commodissimo il loro ritrovamento, ed aiutato da facilissimi indici..”. Poi seguirono numerosi insegnagnamenti ed altri libri specifici, compresi lo studio del francese, dello spagnolo e dell’arabo, oltre che del greco e del latino – accanto ai libri di teologia con i suoi precettori dei vari ordini monastici – che la condussero al suo traguardo di “persona dotta”; la laurea non fu cosa ricercata.
Questa, ottenuta all’università di Padova il 25 giugno 1678 all’ora “tredicesima” (nove del mattino) – – discutendo i “puncta”, appositamente per lei sorteggiati, su Aristotele – richiamò moltissima gente (per lei un vero fastidio), importante (anche un inviato del re di Francia, re-sole, Luigi XIV) e persone comuni per vedere e conoscere chi era costei che aveva sfidato e vinto in battaglia, ricercando ed ottenendo un suo diritto, tanti uomini.
Elena soffrì negli ultimi anni, alla maniera greca, di “pothos”, di desiderio, cioè, angoscioso, nostalgico per qualcuno che si è perso e non si potrà più rivedere; allora nella sua profonda saggezza/prudenza/correttezza ed integrità intellettuale e devozione religiosa, compì, negli ultimi giorni un passo che sottolinea, ancora una volta, un carattere, una forza ed un sentire ancora unico.
In punto di morte chiamò a sé il suo confessore, padre Boselli, al quale confessò il suo amore segreto, non vissuto, silenzioso, platonico ed incontaminato per il saggio arabo, consegnandogli una frase molto importante: “Non scegliamo la culla di aspettative e desideri che genitori e antenati hanno preparato per noi. La Provvidenza ha voluto che io trovassi piena libertà nell’obbedienza ai voleri di mio padre. Ma mi ha anche permesso di essere libera nello scegliere la mia rinuncia, che oggi rappresenta per me una ricchezza preziosa, assoluta, innegabile”.

Franco Cortese Notizie in un click