Patuanelli: “Mediaset, una norma giusta. Ora antitrust sulla pubblicità”

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Ministro Stefano Patuanelli, perché avete deciso di aiutare Mediaset nello scontro con Vivendi con una norma ad hoc? Non siamo andati incontro a Mediaset. Quella norma è giusta e serve per colmare il vuoto normativo seguito alla sentenza della Corte di giustizia Ue, che ha stabilito che i limiti all’incrocio tra media e Tlc per un operatore non devono essere fissati rigidamente. È una normativa momentanea che da all’Agcom, un’autorità indipendente, il potere di decidere sull’incrocio e sul pluralismo dell’informazione.

La prima beneficiaria è però Mediaset, che potrà trattare una pace con Vivendi da una posizione di forza. È un effetto indiretto, ma non la ratio della norma. La norma è generale, in futuro potrà riguardare aziende diverse. Io contesto da sempre quando la politica fa norme ad aziendam ma non è neanche corretto farle contra aziendam. Ad ogni modo, l’Agcom potrebbe dire che non ci sono problemi per Vivendi.

Si rincorrono voci di un negoziato con emissari del mondo berlusconiano, come Gianni Letta o Fedele Confalonieri.
Ho incontrato Confalonieri una sola volta per 20 minuti, Letta due volte in occasioni istituzionali e non abbiamo discusso di questi temi. Non ho mai contrattato con Fininvest questa norma, né lo ha fatto la sottosegretaria Mirella Liuzzi, che ha la delega in materia.

Può escludere che lo abbiano fatto altri del governo o della sua maggioranza? Non posso escludere quello che fanno gli altri, ma la decisione su quella norma è mia.

Palazzo Chigi era informato? Che ci fosse una regia collegiale è evidente.

Lei ha detto di averlo studiato col ministro Gualtieri. È stato costretto a chiarirlo, si dice, dopo le pressioni del Pd… Sulle pressioni del Pd mi permetta di sorridere. L’emendamento è stato presentato al decreto Covid da una relatrice del Pd, io ho ritenuto di chiarire che non è stata una sua iniziativa. Me ne assumo la responsabilità.

La norma dà un potere enorme all’Agcom, i cui nuovi vertici non sono certo ostili a Mediaset. Preferisco che sia un’Autorità indipendente a decidere piuttosto che la politica. È comunque una norma temporanea in attesa di una riforma della legge Gasparri.

L’abnorme concentrazione televisiva e pubblicitaria in mano a un imprenditore-politico ha creato non pochi problemi al pluralismo. Interverrete? È prematuro dirlo, ma esiste un problema di concentrazione che va affrontato, non solo degli operatori tradizionali. Oggi i sistemi sono integrati, produzione di contenuti e rete su cui viaggiano sono spesso in mano agli stessi gruppi. Penso agli “over the top”: va regolato il modo in cui impatta sul mercato la forte concentrazione in mano a colossi come Amazon, Facebook o Google, che hanno il 75% del mercato pubblicitario. È un problema di pluralismo, anche dell’informazione.

Molti 5Stelle sostengono che la misura non è un favore a Berlusconi ma a tutela di un’impresa italiana. Vivendi ha scritto una lettera di fuoco al governo, minacciando ricorsi. Proteggere un’azienda italiana è giusto. Per me è un valore, lo vediamo quando in Francia ci vanno le aziende italiane. Vorrei vedere cosa succederebbe se un’azienda italiana si permettesse di scrivere al governo francese ciò che Vivendì ha scritto al governo italiano.

La norma sembra il preludio a un’opposizione meno dura di Forza Italia. I segnali di dialogo con Berlusconi si moltiplicano. Non è una sconfessione della vostra storia?

Il Paese ha davanti sfide da affrontare nel modo più unitario possibile. L’atteggiamento della Lega e di Fratelli d’Italia è diverso da quello di Forza Italia. Nessuna preclusione, un dialogo è possibile ma la maggioranza è questa e non va cambiata. E non cambierà per questa norma.

Il gruppo di Vincent Bolloré è primo azionista di Tim, quindi è essenziale per creare l’operatore unico della rete con dentro anche Cdp a cui punta il governo. Perché esporsi alla ritorsione francesi? Bolloré è un grande imprenditore, capisce l’importanza della rete unica anche per Vivendi, non credo vorrà sabotarla per ripicca, chi fa impresa capisce ciò che conta. Vogliamo lavorare con loro in Tim.

L’italianità di un’azienda si vede da dove opera. Tim è italiana.
Il governo come vedrebbe un ingresso di Mediaset in Tim? Non ci sono preclusioni, ma penso sia prematuro.

Vivendi si è mossa in Mediaset e Tim sperando di integrare produzione di contenuti e reti che li trasportano per sfidare i grandi colossi. Una specie di Netflix europea. Pensa che lo Stato debba giocare un ruolo, visto che Cdp ha il 10% di Tim? Credo sia giusto, specie se coinvolge infrastrutture che devono avere una presenza e una governance pubbliche. Pur avendone il 10%, Cdp non ha nemmeno un esponente nel cda di Tim.

Sulla rete unica il progetto arranca, Tim dovrebbe fondere la sua rete con Open Fiber ma Enel, che ha il 50%, non è così convinta di vendere e Bruxelles ha dubbi sulla sua neutralità, visto che Tim avrà la maggioranza. Oggi c’è un cda importante di Enel, sono certo che la società e l’ad Francesco Starace siano consapevoli di quanto sia importante il progetto che stiamo realizzando.                                                di Carlo Di Foggia