Pd – M5Stelle, 48 ore alla verità

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Oggi è la giornata decisiva per capire se nascerà il governo giallorosso. Ancora divisioni sul nome del futuro premier. Dal Quirinale si attende la lista con i tempi delle consultazioni dei gruppi parlamentari col presidente Mattarella.

Oggi è la giornata decisiva per capire se il matrimonio fra Pd e M5Stelle s’ha o non s’ha da fare. Azzeriamo tutto: via le indiscrezioni, i retroscena, le ricostruzioni, le dichiarazioni da anonime “fonti”. E misuriamoci sui fatti.
Come al Mundial

Ieri pomeriggio, di fronte al mare magnum di voci e di ipotesi, l’ex ministro Dario Franceschini aveva invocato una sorta di “silenzio stampa” per favorire il non facile negoziota Dem-5Stelle, facendo un paragone con il grande Mundial del 1982: “Al Mundial82 il silenzio stampa portò fortuna. E’ tutto molto delicato e difficile e per questo faccio una proposta a tutti i compagni di squadra del Pd: fino alla fine della crisi parla solo Zingaretti per tutti, come allora fecero gli azzurri con Zoff“.
Crisi di governo, i tempi delle consultazioni

Il conto alla rovescia sta per scadere. Domani è il termine indicato dal presidente della Repubblica. Ieri Mattarella, insieme al presidente della Repubblica della Germania Federale, Frank-Walter Steinmeier, era in visita a Fivizzano, in Lunigiana, dove nell’agosto del 1944 i nazisti, con l’aiuto dei fascisti, trucidarono, in un pugno di paesini del circondario, oltre 400 persone. Non una parola sulla crisi di governo, ma oggi il Quirinale dovrebbe rendere noti i tempi delle consultazioni delle forze parlamentari.
Pd – M5S, confronto sul nome del futuro premier

Che è successo nel frattempo? Che il nodo vero è rimasto il nome del futuro primo ministro. Il segretario Pd Nicola Zingaretti ha tentato di spostare il confronto sul programma – sul quale ieri hanno continuato a lavorare i 6 tavoli del Pd – per cercare di fare un passo avanti, ma le tende grilline sono rimaste piantate sul nome, senza smuoversi di un passo: o Conte o niente.

E, a proposito di nomi, è successo che Roberto Fico si sia sfilato dalla partita sul premier; ieri una nota ufficiosa recitava: “Roberto Fico ricopre l’incarico di Presidente della Camera dei Deputati e intende responsabilmente dare continuità al suo ruolo“.
E poi, nel pomeriggio di ieri, c’è stata una schermaglia, nemmeno tanto sottile, fra Pd e M5S.
Nel pomeriggio c’era stata la conferenza stampa del segretario Pd, che oggi su Repubblica descrive in poche parole la posizione del partito: “Noi siamo pronti a fare la nostra parte per un governo nuovo e di svolta, anzi la stiamo facendo mettendo a disposizione le nostre idee. Ma occorre un confronto, non siamo disponibili ad essere presi in giro o solo ad accettare diktat o niet via Twitter. Non è cosi che si governa un grande Paese“.

Ieri Zingaretti aveva rimarcato il no a un Conte bis, perché “L’Italia non capirebbe un rimpastone del governo che è caduto. La discontinuità deve essere garantita anche da un cambio di persone“, aggiungendo: “Non crediamo nella formula del contratto, bisogna costruire un programma utile. Incontriamoci da domani e parliamo sui contenuti, senza veti e ultimatum“. Ed ancora: “Noi faremo di tutto per cercare una soluzione possibile che, non nego, a questo punto non si è determinata“.

La replica dei pentastellati arriva, con una nota, dopo qualche minuto: “La soluzione è Conte, il taglio dei parlamentari e la convergenza sugli altri 9 punti posti dal vicepresidente Di Maio. Non si può aspettare altro tempo su delle cose semplicemente di buon senso. È assurdo. L’Italia non può aspettare il Pd. Il Paese ha bisogno di correre, non possiamo restare fermi per i dubbi o le strategie di qualcuno“.

La secca controreplica dem la dà il vice segretario Andrea Orlando: “Sono tre giorni che aspettiamo di parlare dei problemi del Paese mentre i 5 stelle parlano solo di poltrone“.

Questi i fatti, ma al di là della tensione e delle difficoltà, la trattativa va avanti. Si fanno liste di nomi, si dice che il Pd alla fine potrebbe accettare Conte a Palazzo Chigi, si dice che i 5 Stelle abbiano lasciato al Pd i ministeri più importanti: entro 48 ore i “si dice” lasceranno posto ai fatti.