Per avere nuovo spazio Renzi capovolge la sua strategia

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Il prologo di questa strana crisi di governo ormai alle porte ha una data precisa: 21 settembre, inizio dell’autunno. Paradossalmente proprio quel giorno l’assalto della destra alle elezioni regionali viene respinto dal centrosinistra, o meglio dal Pd e quel che resta del centrosinistra. Il governo Conte (bis) può tirare un sospiro di sollievo, ma non tutte le forze che lo sostengono hanno motivo di esultare.

Non i 5 Stelle, il cui peso elettorale è drasticamente ridimensionato come peraltro ampiamente previsto. E neppure Matteo Renzi che fallisce clamorosamente l’esordio alle urne con Italia Viva. Raccontano che una Regione in particolare abbia profondamente deluso l’ex rottamatore: la sua Toscana, dove raccoglie un misero 4 per cento, ben lontano dall’obiettivo a doppia cifra della vigilia. Con questa tendenza – rafforzata da tutti i successivi sondaggi – è chiaro che non si va lontano. L’esperimento del suo partito nato pochi mesi prima dall’ennesima scissione a sinistra è già a un passo dal fallimento. E a Renzi non rimane che capovolgere la sua strategia.
Gli inizi della crisi

Un breve passo indietro. La nascita del governo giallo-rosso viene spesso rivendicata dall’ex premier come un suo “capolavoro politico”. E’ lui a prospettare per primo – mentre è ancora senatore del Pd anche se preferisce intervenire come “uomo delle istituzioni” – l’inedita, e secondo molti innaturale alleanza con i 5 Stelle. Di più: è sempre lui a insistere perché alla guida del governo rimanga Giuseppe Conte, mentre Zingaretti e lo stato maggiore del Pd battono il tasto della discontinuità rispetto a un premier che, fino al giorno prima, ha governato d’amore e d’accordo con Salvini. Alla fine la coalizione nasce e Conte rimane al suo posto.

Naturalmente non ha senso cristallizzare le ragioni delle scelte, tanto meno in politica. Spesso i fatti si sviluppano in modi imprevisti ed è difficile richiamarsi sempre alla coerenza. Ma viene da chiedersi comunque cosa si aspettava Renzi dal nuovo alleato pentastellato, all’epoca più che sospettato di anti-europeismo: un sì a tutti i trattati dell’Unione? L’avversione al Fondo Salva-Stati, poi evoluto nel Mes, era già chiara e netta, per quanto incomprensibile, e nessuno può scommettere un centesimo su un ripensamento come (giustamente ma anche strumentalmente) pretende ora l’ex rottamatore.
Le ultime critiche a Conte

E pochi dubbi esistevano sull’ambiguità di un personaggio come Giuseppe Conte, l’”avvocato del popolo”, che posava sorridente con tanto di cartello accanto a Matteo Salvini, per rivendicare la linea feroce contro gli immigrati, i “decreti Salvini”, appunto. Ma ora si scopre che il presidente del Consiglio è inadeguato e accentratore, al punto da voler mantenere il pieno controllo dei Servizi di Sicurezza. Tutto giusto, ma non era incappato lo stesso Renzi in una situazione non troppo dissimile quando da premier voleva imporre alla ciber-sicurezza, l’amico (anzi il “fratello”, come amava dire) Matteo Carrai?
La scommessa di Renzi

Torniamo all’oggi. Il leader di Italia viva scommette tutto sulla crisi e su un nuovo governo, per ritrovare uno spazio di manovra e cercare di conquistare i delusi del governo nel centrosinistra e quelli di Salvini a destra. Sa bene che quella del voto anticipato è un’arma spuntata in mano ai suoi contestatori: nessuno può ritenere plausibile un ritorno alle urne in piena pandemia, con la campagna vaccinale in corso e i miliardi del Next Generation Eu ancora da investire.

Le minacce che gli arrivano dagli attuali alleati del Pd, del M5S e di Leu, di andare alle elezioni in coalizione con Conte leader (sic!) e di condannare Italia Viva all’isolamento e dunque al suicidio sono di fatto inconsistenti. Poi inizierà il semestre bianco e le urne si allontaneranno ulteriormente fino all’elezione del nuovo Capo dello Stato, nella tarda primavera del ’22. E’ tutto qui: Renzi ha bisogno di comprare del tempo per la sua nuova strategia. Il problema, anzi il dramma, è che di tempo per ricostruire un Paese allo stremo, ne è rimasto davvero poco.                                                                                                                                                                   Di Paolo Branca