#Peste #Suina: un altro pretesto per sparare

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Premettendo innanzitutto che le regole sul contenimento del Covid valgono per tutti, a partire dall’obbligo di starsene il più possibile a casa, ancora una volta ci troviamo costretti a ricordare alle Regioni, ma anche ai sindacati degli agricoltori e ai cacciatori,
che non possono continuare a vendere la stessa pessima «medicina» per curare tutte le malattie presunte o reali.
In questo caso la malattia è vera, e si chiama peste suina africana (#PSA), e ancora una volta politica, associazioni di categoria e doppiette prescindono totalmente dalla scienza, non
dall’ambientalismo ma da una #scienza laica, per indicare una soluzione che proprio la ricerca scientifica sconsiglia vivamente.
La soluzione è sempre la stessa: massacrare i cinghiali per poter così aggirare lo stop alla caccia imposto, giustamente, da un’altra pandemia che ci riguarda da vicino. E che i cacciatori e i loro padrini politici vogliono assolutamente aggirare (lo stanno già facendo in altre Regioni) mentre tutti gli altri cittadini, evidentemente di serie B, devono rimanere confinati al loro domicilio.
Posto che gli stessi numeri proposti periodicamente dalla Regione Lombardia dimostrano che nonostante gli abbattimenti aumentino anche i cinghiali, anche qui per una legge scientifica, enti non proprio noti per il loro animalismo militante come l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) dicono che sarebbe una follia affrontare la diffusione della peste suina andando in giro a uccidere cinghiali. Perché semplicemente gli stessi cacciatori diverrebbero un veicolo di infezione trasportando le carcasse (o parti di esse) di animali potenzialmente infetti.
Un processo comprensibile anche da un bambino, ma non dall’assessore all’Agricoltura della Regione, che ha l’unico, vero obiettivo di rimettere in libertà il proprio bacino elettorale. La scienza dice che i maiali degli allevamenti non sono in pericolo se non entrano in contatto con altri maiali o con suidi selvatici ammalati, e se volessero tutelare animali e ambiente, in Regione dovrebbero porsi un altro problema: quello dei milioni di suini stipati in orrende fabbriche di batteri, virus, gas serra e Pm10 che producono quella che viene pomposamente e vergognosamente proposta come «carne 100% italiana».