Piero ha la penna d’oro e non invidia nessuno. Non ho mai capito perché avendo a disposizione un fuoriclasse La Stampa lo utilizzi così poco. Sicuramente non sono la persona più adatta a comprendere le alchimie della redazione cuneese dove non ho mai incontrato le simpatie dei capi. Un giorno uno di questi boss di mi chiamò a rapporto. Voleva sapere perché io avessi tredici cariche e lui nessuna e quanto guadagnassi. Per farlo soffrire ancora di più gli risposi che i compensi erano altissimi e che non ero in grado di
quantificare. La differenza macroscopica di cariche (13 a 0), soggiunsi, andava attribuita alla mia intelligenza. Più è alto il Q.I. (quoziente intellettuale) più aumentano gli incarichi. Gli dissi pure, inventando, che in proposito la teoria di Hount è molto chiara. Non c’è nulla da fare. È così. Piero invece non ha di questi problemi. A lui devo in parte la mia carriera. Un giorno partì da Cuneo in autostop e raggiunse Grinzano per informarmi che occorreva con la massima urgenza presentare domanda in Provveditorato per
ottenere un incarico di insegnamento a tempo indeterminato. Io non ero a casa, lui spiegò tutto a mia madre. Feci come Piero aveva suggerito e a ottobre ebbi una cattedra. Un episodio che non potrò mai dimenticare. Tra le tante attività di Dadone, già redattore brillante di Cuore, ricordo con piacere un libro dedicato alle gemelle Nete, due vivaci signorine non più giovani che partite da Trinità sono arrivate con Arbore a Rai Uno. Anche Dadone è comparso su Rai Uno in un dopo festival di Sanremo. Distinto e
brillante ci ha fatto ben figurare. Come sempre