Prima gli italiani, se rimpatriano e (soprattutto) se ricchi

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Qualche giorno fa anche ne La Gazzetta dello Sport si parlava del cosidetto decreto Crescita, n.34 del 30 aprile scorso. L’articolo 5 ha messo in fibrillazione il mondo del calcio (e non solo). Si tratta della super-agevolazione fiscale per i lavoratori dall’estero (anche italiani). Con il titolo Rientro dei cervelli l’articolo 5 rivoluziona la normativa precedente (D.Lgs n.147 del 14 settembre 2015) sul regime fiscale speciale per i lavoratori rimpatriati. Prevede un abbattimento del 70% dell’imponibile sui redditi da lavoro dipendente e i redditi assimilati a quelli di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono qui la loro residenza. Le condizioni principali sono la residenza all’estero da almeno due anni, l’impegno a trasferirsi in Italia per minimo due e che l’attività lavorativa sia svolta prevalentemente nel territorio italiano. Lasciando al concetto di prevalenza un ampio margine di interpretazione. Si applica anche ai redditi d’impresa degli impatriati senza prevedere alcun tipo di condizione circa il ruolo, qualifica o specializzazione. Con la possibilità di allungare il beneficio per altri cinque anni (anche dimezzato) se se si acquista una casa o si ha un figlio a carico. Se poi la residenza la si trasferisce in Abruzzo, Campania, Calabria, Molise, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia lo sconto sull’imponibile diventa del 90%.

Su un reddito di 100 mila euro un cittadino comune paga 36.170 euro di Irpef, i rimpatriati che si trasferiscono nelle regioni citate pagherebbero 2.300 euro.

Ben vengano norme per far tornare i ‘cervelli in fuga’, chi ha conseguito elevati titoli di qualificazione o specializzazione che sono emigrati (la somma dei costi della sola istruzione dei nostri concittadini emigrati, che lo Stato ha sostenuto, è stimata in 12 miliardi) per riportare a casa quel capitale umano, fatto di talento, conoscenza e relazioni che contribuisce ad arricchire i Paesi nei quali risiedono ora. Però questa norma riguarda un po’ tutti, senza distinzioni, anche quelli che hanno scelto di risiedere all’estero per soli motivi fiscali. Inoltre il testo del decreto non specifica da nessuna parte che riguarda specificatamente i cittadini italiani (altro che prima gli italiani!). Proprio qui si inserisce l’ottima interpretazione che ne da Laudisa in ambito calcistico:

”Una norma prevista dal decreto Crescita ‘aperta’ a ogni genere di lavoratore potrebbe dare una grossa mano al calcio italiano. Come? Con una tassazione molto conveniente per chi decide di lavorare in Italia, per almeno due anni, dopo essere stato all’estero per almeno altri due. Rientra in questa categoria, ad esempio, Aaron Ramsey appena comprato dalla Juve, ma non Maurizio Sarri che è stato a Londra soltanto una stagione. E non è tutto: il decreto prevede una agevolazione ancora maggiore per le regioni del Sud Italia, dove le imposte si pagano non sul 30%, ma solo sul 10% dell’imponibile. Ecco perchè il Napoli può fare una superofferta allo United per Lukaku..”

Paradossalmente Cristiano Ronaldo, che usufruisce delle norma sui Paperoni, contenuta nella legge di Bilancio 2017 (ne abbiamo già parlato qui) sui guadagni in Italia continuerebbe a pagare un’aliquota del 43%. Questa norma sarebbe una ulteriore agevolazione per gli stranieri titolari di grandi patrimoni in cerca dello sconto giusto. Da un bel po’ e con maggiore aggressività dopo la Brexit si stanno moltiplicando le misure degli altri Paesi per attirare aziende e residenti facoltosi, che in pratica si rubano contributi a vicenda (risultando in gran parte danneggiati da queste politiche fiscali, piccoli paradisi a parte). Come ha scritto anche De Bortoli ”la risposta italiana è stata modesta, se non nulla, nel versante societario e contradditoria per quanto riguarda il trattamento delle persone fisiche”, insomma a questa norma sul rientro dei cervelli (tutti senza distinzione) fanno da contraltare gli italiani che pagano tutto fino in fondo (e lo stesso vale per gli scudi, i condoni e gli sconti vari visti negli ultimi anni) e che sono penalizzati dal semplice fatto di restare in Italia.

Il decreto deve essere convertito in legge entro il 29 giugno. Ci sarà un ravvedimento del Governo?

Verranno inserite nuove e più stringenti condizioni? Oppure lasceranno col fiato sospeso i protagonisti del calcio mercato e i contribuenti così a lungo cercando di distrarci tutti coi minibot?