Psicologia d’emergenza

0
54
salute
salute

Si moltiplicano in tutta Italia le iniziative delle associazioni di psicologi per assistere on line o telefonicamente non solo i propri pazienti, ma tutti coloro che necessitano di un supporto per fare fronte all’emergenza da Covid-19. Le mura di casa ci preservano dal contagio del virus, ma la nostra permanenza prolungata ed esclusiva al loro interno espone la nostra mente a rischi che non sarebbe lungimirante trascurare. La paura, la dismissione delle nostre abitudini e la privazione di alcune libertà producono reazioni emotive e un disagio psicologico, talvolta mai conosciuto e, in altri casi, potenziato da un disagio o da una patologia preesistente. Alessandro Gritti, psicologo e psicoterapeuta (Ordine degli psicologi della Lombardia) nonché associato alla Società italiana psicologia d’emergenza, ci spiega che sono in tanti a telefonare ai numeri dedicati – come quelli messi a disposizione dai singoli ordini regionali e dal Consiglio nazionale -, non solamente per avere informazioni sul contagio, nonostante queste siano comunque diffuse dai media, ma anche per essere rassicurati da un persona competente e prossima, perché ciò ha un effetto diverso in termini di contenimento delle ansie.

Spesso chi si rivolge a questi servizi ha la necessità di parlare della situazione personale, delle proprie paure, e gli operatori, secondo precise linee guida, forniscono telefonicamente un supporto anche attraverso il suggerimento di tecniche di rilassamento. La risposta è ampia e positiva. Sul versante farmacologico, a fronte dell’impossibilità di munirsi di ricette cartacee, è invece possibile acquistare tutti i farmaci necessari attraverso un numero di codice trasmesso dal medico curante alla farmacia.

L’ansia sta fortemente aumentando, è evidente, e la prospettiva è di ulteriore crescita, ma il bisogno esponenziale di sostegno psicologico andrà di passo con la contrazione drastica della disponibilità economica per affrontare una terapia. Il dottor Gritti pone anche un problema di ordine morale: psicologi o psichiatri, per gli interventi di tipo privati, eviteranno di applicare tariffe normali alle persone in difficoltà, preferendo l’offerta di trattamento gratuito e ciò sarebbe altamente etico. Difficile invece un possibile intervento del servizio sanitario nazionale che dovrebbe invece rendere la terapia psicologica totalmente mutuabile. Al momento i centri psicosociali possono erogare gratuitamente pochi trattamenti alla singola persone, data la sproporzione tra bisogni e risorse, anche se poi ci sono consultori, principalmente di ispirazione cristiana, che non pongono un limite numerico.

E poi c’è il passaggio dall’individuo alla collettività. Per lo psicoterapeuta le criticità personali devono essere prese molto seriamente perché implicano una serie di ripercussioni sia nel campo della psicologia sociale e delle istituzioni, sia della famiglia. Ci sono nuclei che stanno entrando in crisi e altri che ora percepiscono maggiormente un disagio preesistente. Il motivo risiede anche nella convivenza forzata, perché in molti casi i coniugi e i componenti familiari, in situazione di normalità, si incontrano solamente la sera e la conflittualità è necessariamente ridotta, ora invece sono a contatto 24 ore su 24.

Ricordando il premio Nobel assegnato nel 2002 a un economista psicologo, Daniel Kahneman, il dottor Gritti mette in relazione economia e psiche: in ultima istanza anche tutte le scelte economiche hanno una base psicologica, basti vedere l’andamento delle borse, fondato non di certo sulla pura contabilità. La situazione è tale per cui, se diamo importanza alla componente umana e psicologica delle scelte e poi dalla persona si passa ai gruppi, si potrà dire che abbiamo imparato qualcosa. È obbligatorio entrare nell’ordine di idee che alle emergenze è necessario essere preparati per sapere come fare fronte alle epidemie che senza dubbio si ripresenteranno.

C’è una solitudine estrema delle persone, ci conferma lo psicologo, portando un dato che riguarda Milano (città nella quale vive, ndr): ci sono 440 mila nuclei famigliari singoli, una vera pandemia di solitudine, e quelle sono le persone più a rischio, meno capaci di chiedere aiuto, le più fragili.