Quella in Alabama è una sconfitta

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Va chiamata col proprio nome.
Quando i lavoratori votano contro l’introduzione del sindacato in azienda significa che è successo un terremoto vero.
E che non ce la caviamo solo dicendo che Jeff Bezos – accolto nei salotti progressisti per le campagne sui diritti umani e per l’ambiente – si è comportato da padrone ( quale ovviamente è ) perché ha ricattato i dipendenti.
O il sindacato o il posto di lavoro.
Lì hanno pesato anche altri fattori: l’illusione innanzitutto che si possono scambiare salari un po’ più alti con una piattaforma completa ed esigibile di diritti non negoziabili.
A partire dalla libertà di mettersi insieme e farsi rappresentare.
Io ti dò più soldi, tu non mi organizzi il conflitto.
Insomma, io ti consento di vivere da consumatore, non da cittadino.
Ma questa linea culturale nel lungo periodo uccide la democrazia.
Perché la democrazia inizia soprattutto nei luoghi del lavoro come spazio della cittadinanza attiva.
Buttare fuori dalla fabbrica il primato della cittadinanza significa fare un balzo indietro rispetto alle grandi conquiste del novecento.
Per questo la vertenza sulle piattaforme digitali è maledettamente importante.
E occorre condurre una battaglia radicale perché il modello americano non divenga anche in Europa una suggestione su cui investire.
Vedo già tanti cosiddetti liberali inneggiare alla sconfitta della sinistra nostalgica e ideologica.
Dicono di essere moderni, in realtà sono solamente portatori di una visione medievale dei rapporti sociali.
Quando la condizione del lavoro diventa una questione corporativa, le libertà civili e sociali perdono peso e autorevolezza.
Sembrano non essere più convenienti.
Conta quello che hai nell’immediato.
I soldi: pochi, maledetti e subito.
Un disastro.
Se passano qui, passeranno su tutto.