Quello che sta accadendo in Libano non è grave, ma disastroso

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Se si considera il momento storico in cui questo incidente avviene. Decine di morti, migliaia di feriti, almeno 300.000 persone sfollate. Gli ospedali con l’esplosione sono letteralmente andati in tilt. Feriti curati ovunque, alcuni in ospedale, alcuni per strada, alcuni addirittura in parcheggi sotterranei, al fine di scappare dall’aria tossica.

“Faremo il possibile per sostenere il popolo libanese” ha commentato ieri il nostro Premier Conte ed oggi è arrivata prontamente la prima spedizione: 8,5 tonnellate di materiale sanitario, in particolare kit chirurgici, per far fronte all’emergenza sanitaria che ha travolto questa città. Gli aiuti, subito, come abbiamo promesso immediatamente attraverso il Ministro Di Maio e la Vice Ministra Del Re: l’Italia sostiene il Libano e il popolo libanese.
Il colore rossastro della nube esplosiva non lascia dubbi ed è stato confermato dalle dichiarazioni ufficiali: 2,700 chili di nitrato di ammonio che è saltato in aria nel porto di Beirut nel tardo pomeriggio di ieri, provocando un’onda d’urto che ha spaccato porte e vetri di case a centinaia di chilometri di distanza, e che è stata percepita persino a Cipro. I residui tossici nell’aria hanno portato le autorità a dichiarare lo stato di emergenza per due settimane, con le raccomandazioni dal Ministero della Sanità a chi avesse la possibilità di lasciare la città.

Lo scalo portuale è ovviamente inagibile, creando ulteriori disagi drammatici: lì infatti si trovava il più grande centro di stoccaggio alimentare del paese, Il silo che sorgeva nell’area era in grado di contenere 120 mila tonnellate di grano che sono andate distrutte, un disastro considerando che il Libano importa l’80% delle riserve alimentari. Nel paese potrebbero non arrivare le materie prime, alimentari ed energetiche, mettendo il paese dei Cedri ancora più in ginocchio.
“Ogni esplosione ha la sua narrazione, la sua memoria i suoi colpevoli, presunti o reali che siano” commenta Matteo Bressan, analista e componente del Comitato Scientifico del NATO Defense College Foundation. E mi fa ricordare ancora che l’esplosione è solo la ciliegina sulla torta di una situazione difficilissima ed estremamente complessa che il Libano sta passando. Le conseguenze del Covid che ancora non sono calcolabili ma sicuramente preoccupanti, la situazione economica disastrosa, le proteste iniziate ad ottobre 2019, che hanno portato alla luce la disastrosa situazione politica ed alle dimissioni dell’ex premier. La disoccupazione sta raggiungendo percentuali altissime, oltre il 30%, mentre il 50% della popolazione vive nello stato di povertà. Cose non immaginabili fino a qualche anno fa, quando il Libano sia stava finalmente, e apparentemente, rialzando dopo anni e anni di guerre civili.

Non sono passate neanche 72 ore e si sono già scatenate le accuse: chi verso Hezbollah, chi punta il dito contro Israele, con entrambi che negano qualsiasi tipo di coinvolgimento, ed infine il segretario Generale dell’ONU Guterres che chiede al Libano di disarmare Hezbollah. Non vi sono attualmente elementi a sufficienza per mostrare alcuna ipotesi di azioni mirate, eppure il livello di tensione è sufficientemente alto da facilitare una contrapposizione di velate e reciproche accuse.
Quello su cui in questo momento dovremmo tutti invece mettere il faro è la solidarietà concreta ed unanime subito e da tutto il mondo. La stessa Israele, in conflitto da decenni con il suo vicino, ha offerto aiuti ed ha deciso di dipingere il comune di Tel Aviv con la bandiera libanese in segno di solidarietà.
Adesso è il momento di agire, tutti, e collegialmente: l’Italia deve continuare assolutamente ad essere in prima linea per il sostegno al Libano, attraverso aiuti immediati, attraverso le Ong che vi operano in loco e tramite il nostro contingente militare UNIFIL.

Già ieri sera sono già partite diverse squadre dell’NBCR (nucleo operativo nucleare, biologico, chimico e radiologico). Ma possiamo e dobbiamo fare molto di più, molto di più da subito, e fare in modo che gli aiuti arrivino prima possibile a Beirut.

Yana Ehm