Recessione di Gianfranco Torriero (Vice Direttore Generale dell’ABI)

0
88

Tratto da “ Lessico Finanziario “ di Beppe Ghisolfi – ARAGNO Editore

L’attività economica presenta normalmente un andamento fluttuante nel tempo, collegato alla naturale separazione che esiste tra chi produce e chi consuma. Difficilmente si riesce ad adattare perfettamente e tempestivamente quanto si produce a quanto si consuma. Quindi si generano normali oscillazioni, si creano eccessi di domanda o eccessi di offerta, generando dei cicli economici. Le politiche economiche (fiscali, monetarie e di cambio) svolgono un ruolo di stabilizzatore di questi andamenti, cercando di attutirne gli effetti. Tali fluttuazioni possono riguardare un unico operatore economio, un settore economico o possono interessare contemporaneamente e nello stesso senso più settori economici. Le fluttuazioni possono avere caratteristiche stagionali (soprattutto in alcuni settori, quali ad esempio l’agricoltura o il turismo). Secondo alcuni le fluttuazioni possono anche avere cadenza secolare, di lungo periodo, con decisi e sistematici movimenti nell’offerta, nella domanda e con impatti sui prezzi, di prodotti e servizi, di ampiezza molto rilevante.

Tuttavia, quando si parla di cicli economici ci si riferisce alle fluttuazioni ricorrenti che durano qualche anno. I cicli economici sono quindi suddivisibili in vari periodi. Semplificando si può parlare di fase di crescita economica, quando il Prodotto Interno Lordo (PIL) – cioè il reddito complessivo generato da una economia – è crescente, con effetti positivi sull’occupazione e sui redditi dei singoli individui e, al contrario, di fase di recessione economica quando si verifica una riduzione del livello del Prodotto Interno Lordo, che provoca un aumento della disoccupazione e una contrazione del reddito. Le recessioni sono tipiche delle moderne economie di mercato che alternano fasi di espansione economica (crescita) a fasi di contrazione (recessioni). In situazioni rare, tali alternanze, più o meno regolari, si perdono e le recessioni durano per molto tempo trasformandosi in depressioni (es. Grande Depressione degli anni Trenta).

Negli Stati Uniti, il National Bureau of Economic Research (NBER) è l’organo incaricato di definire i cicli economici. La metodologia più semplice utilizzata definisce l’economia in recessione quando il PIL, misurato in termini reali (cioè non considerando l’effetto della dinamica dei prezzi), diminuisce per almeno 2 trimestri consecutivi. Per definire la recessione il NBER utilizza anche tecniche più sofisticate che considerano altri fattori come, ad esempio, la disoccupazione, la produzione industriale e l’andamento delle vendite al dettaglio. In Europa non esiste un organismo equivalente e quindi si utilizza spesso la metodologia più semplice per definire i periodi di recessione. In Italia, nelle principali recessioni più recenti, il PIL si è contratto del 3,1% tra la fine del 1974 e l’inizio del 1975 a seguito del primo shock petrolifero; dell’1,5% dal secondo trimestre del 1992 al terzo del 1993 per gli effetti negativi causati dall’uscita della lira dal sistema monetario europeo (SME); del 7,9% dal secondo trimestre del 2008 al secondo del 2009 a seguito della grande recessione globale innescata dalla crisi finanziaria statunitense; del 5,3% dal terzo trimestre del 2011 al primo del 2013 a causa della crisi dei debiti sovrani nell’area dell’euro.

Particolarmente problematiche sono le recessioni a forma di “w”, definite anche double dip, che si caratterizzano per due contrazioni dell’attività economica che si susseguono a breve distanza di tempo intervallate da una corta ripresa. Fenomeni di double dip si sono verificati in diversi paesi europei dal 2009. Solitamente, durante i periodi di recessione la Banca Centrale abbassa i tassi d’interesse (in questi ultimi anni nell’area dell’Euro i tassi di interesse sono addirittura negativi) per stimolare investimenti e consumi in modo tale da far ripartire la crescita dell’attività economica e, con essa, la dinamica dei prezzi.