Recovery. Bonomi: “Coinvolgere imprese nelle riforme”

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In Italia siamo tutti molto presi a valutare le singole misure: quanti miliardi qui, quanti lì

Invece quel che mi aspetto io dal Recovery è che diventi uno strumento di riforma trasformativa del Paese. Dell’economia e dello Stato. Pochi lo guardano in questa ottica, ma nell’introduzione al documento del presidente del Consiglio una visione c’è”. Lo afferma il presidente di Confindustria Carlo Bonomi in una intervista al Corriere della Sera.

“La sfida ora è trasformare l’Italia in un Paese moderno, efficiente, aperto, inclusivo. Quindi la mia domanda è: quali riforme faremo per scaricare a terra quei duecento miliardi?”. Sul fronte delle riforme, sottolinea, “due aree, quelle sulla pubblica amministrazione e sulla giustizia civile, sono abbastanza declinate. Le altre non ancora. Le riforme già ben definite sono 5 su 47. Ma lì noi ci giochiamo tutto ed è la vera sfida con l’Europa, che ci sta dicendo: voi italiani potete mettere tutti i miliardi che volete sulle infrastrutture, ma perché stavolta dovreste riuscire a eseguirle se per fare opere sopra i 100 milioni di euro ci mettete in media 15,7 anni? Cosa ci fa pensare che entro il 2026 realizziamo, paghiamo e rendicontiamo opere per 200 miliardi?” Dunque occorre partire “dalle semplificazioni, con il decreto di maggio”.

“Manca nel testo la partnership pubblico-privato” Inoltre evidenzia che “quel che manca nel testo, se si vuole, è la partnership pubblico-privato. Credo sia nell’interesse del presidente Draghi aprire su questo un’interlocuzione con il settore privato: lo svincola da chi vuole solo lo status quo”, “dobbiamo capire come il governo intende eseguire le riforme. Perché se poi le imprese non capiscono e non condividono, gli investimenti privati non arrivano. L’Italia non diventa attrattiva. Il Pil cresce meno, meno occupati e quindi il debito è meno sostenibile”. Bonomi è critico poi con il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che sposa l’impianto del suo predecessore Nunzia Catalfo puntando sui centri per l’impiego e la cassa integrazione: “Non ci siamo. Usciremo da questa crisi in un mondo completamente cambiato, ma molti pensano che dopo si riparta da dove si era.

Si cerca di difendere il lavoro dov’era e com’era, ma non è più. Vere politiche attive del lavoro questo Paese non ne ha mai fatte, salvo quelle legate al reddito di cittadinanza che non hanno funzionato. E come si pensa di risolvere? Assumendo nella pubblica amministrazione. Se l’obiettivo è aiutare cittadini e imprese di fronte alla burocrazia, siamo fuori strada. Possiamo mettere i miliardi che vogliamo in quest’area del Recovery, ma il mondo del lavoro resta ingessato. Chi media fra domanda e offerta, i centri pubblici per l’impiego? L’Anpal di Mimmo Parisi? E chi fa formazione? Non ne usciremo finché non si accetta che anche l’intervento del privato può servire, non sostituendo ma affiancando il pubblico. Sarà poi il lavoratore a scegliere a chi rivolgersi, una volta messe a disposizione risorse pubbliche per formarlo e ricollocarlo”.

“Bisogna partire dalle semplificazioni con il decreto di maggio” Per Bonomi bisogna partire “dalle semplificazioni, con il decreto di maggio”. Più di 200 interventi subito e un tavolo tecnico, nel quale però non sono coinvolte le imprese. “E’ il nodo del documento sul Recovery. Per 25 anni ci è stato detto che non c’erano risorse per sostenere i costi sociali delle riforme – sottolinea il presidente di Confindustria -. Ora le abbiamo. Quel che manca nel testo, se si vuole, è la partnership pubblico-privato. Credo sia nell’interesse del presidente Draghi aprire su questo un’interlocuzione con il settore privato: lo svincola da chi vuole solo lo status quo”.

Poi Bonomi chiede: “Come si faranno le riforme? Come verranno coinvolti i privati nella realizzazione per esempio del cloud o della transizione energetica? Come si scriveranno i bandi per le imprese? Il punto del piano è mettere risorse pubbliche, perché facciano da leva a investimenti privati. Dunque dobbiamo capire come il governo intende eseguire le riforme. Perché se poi le imprese non capiscono e non condividono, gli investimenti privati non arrivano. L’Italia non diventa attrattiva. Il Pil cresce meno, meno occupati e quindi il debito e’ meno sostenibile”.

“Mai fatte in questo paese vere politiche attive del lavoro” “Usciremo da questa crisi in un mondo completamente cambiato, ma molti pensano che dopo si riparta da dove si era. Si cerca di difendere il lavoro dov’era e com’era, ma non è più. Vere politiche attive del lavoro questo Paese non ne ha mai fatte, salvo quelle legate al reddito di cittadinanza che non hanno funzionato. E come si pensa di risolvere? Assumendo nella pubblica amministrazione – sottolinea il presidente di Confindustria -. Se l’obiettivo è aiutare cittadini e imprese di fronte alla burocrazia, siamo fuori strada. Possiamo mettere i miliardi che vogliamo in quest’area del Recovery, ma il mondo del lavoro resta ingessato”.