La buona notizia è che il Recovery Fund (o Next generation Eu) ha finalmente un regolamento che disciplina l’utilizzo dei fondi, dopo mesi di linee guida e documenti di lavoro. La cattiva è che il complesso schema (un documento di quasi 80 pagine) approvato ieri dalle Commissioni Bilancio ed economica del Parlamento europeo complicherà non poco la gestione dei fondi a diversi Paesi, specie quelli più in difficoltà e con debiti pubblici più elevati. L’aspetto più critico riguarda le regole fiscali europee, oggi solo sospese per la pandemia: il testo prevede infatti la possibilità di bloccare l’erogazione dei fondi in caso di violazioni del Patto di Stabilità o se non ci si adegua alle raccomandazioni delle procedure per gli squilibri macroeconomici.
Il tema non è secondario e disegnerà il futuro dell’Unione. Ieri gli europarlamentari di Lega e Fratelli d’Italia si sono astenuti denunciando il rischio di “un ritorno dell’austerità”. Il Pd ha votato a favore. Per i 5Stelle “è un’occasione mancata”, ha spiegato Fabio Massimo Castaldo, vicepresidente dell’Europarlamento: “Avevamo proposto una serie di emendamenti alla prima bozza del testo per rimuovere tutte le condizionalità, ma purtroppo è prevalsa una linea di compromesso nel difficile negoziato tra i gruppi politici e tra i 27 Stati nel Consiglio”. A ogni modo i 5Stelle parlano di “passi avanti” rispetto alla prima stesura e voteranno a favore nella sessione plenaria che discuterà il testo la prossima settimana. Si annuncia, come ieri, un voto favorevole a larga maggioranza (solo l’estrema destra si asterrà).Il testo ha subìto una stretta nel negoziato. Per evitare irregolarità e ritardi vincola l’erogazione dei fondi a target e obiettivi (milestone) precisi. Se non li si rispetta i fondi possono essere sospesi o revocati dal Consiglio su raccomandazione della Commissione. La parte relativa al rispetto degli aiuti di Stato è stata sfumata, evitando una specifica verifica ad hoc, una duplicazione che avrebbe allungato i tempi. Nel complesso, è uno schema di regole ben più rigide rispetto a quelle dei normali fondi comunitari – su cui pure l’Italia non eccelle – che metterà parecchio sotto stress le strutture amministrative.
La parte più critica, come detto, riguarda però il futuro, cioè il vincolo al rispetto delle rigide regole fiscali europee, in sostanza l’armamentario contenuto nel Patto di Stabilità (vincolo del 3% del deficit e del 60% del debito in rapporto al Pil) e reso più stringente dal Fiscal compact. Il testo prevede che la Commissione possa sospendere l’erogazione a chi non rispetta il Patto di Stabilità e non prende misure efficaci per “ridurre i deficit eccessivi”. Il Consiglio (cioè i governi dei 27 Paesi) può respingere la proposta a maggioranza qualificata entro un mese, altrimenti vale il silenzio assenso. La sospensione può valere fino a un 25% dei fondi impegnati sull’anno successivo (o lo 0,25% del Pil nominale), ma può salire al 100% in caso di “violazioni ripetute”.
Lo stesso discorso vale per le raccomandazioni in seno alle procedure per squilibri macroeconomici eccessivi, che al momento sono in vigore. Le regole fiscali sono invece sospese, vista la pandemia, e lo saranno per tutto il 2021: sul loro ripristino è in corso un forte scontro politico. Il blocco nordico (Paesi Bassi in testa) spinge per ripristinarle così come sono.
Lo European fiscal board, organo di consulenza tecnica di Bruxelles, ha invece chiesto di rivederle e la stessa Commissione ha avviato a febbraio un dibattito su come migliorare le regole, fortemente contestate ormai da una vasta schiera di esperti. L’economista Zsolt Darvas del think tank europeista Bruegel ha spiegato che ripristinarle sarebbe un disastro.
Al netto dei tecnisimi, queste regole impongono ai Paesi molto indebitati (e post-pandemia lo saranno ancora di più) strette fiscali ingiustificate, perché basate su parametri controversi come il “Pil potenziale”, la cui stima è fortemente influenzata dai risultati degli anni precedenti. In sostanza, più la crescita è stata bassa, più il Pil potenziale cala e così lo sforzo chiesto da Bruxelles per arrivare al pareggio di bilancio aumenta. Fu così che, dopo la crisi del 2008, si chiese a Paesi già in crisi (Italia, Spagna, Grecia) di varare strette fiscali che aggravarono la recessione portando a ulteriori richieste di austerità in futuro. Un “circolo vizioso” che rischia di ripetersi dopo il Covid. Ma stavolta l’Italia si troverebbe con l’ipoteca aggiuntiva dei fondi del Recovery. di Carlo Di Foggia