Renzi: “Abbassiamo le tasse sul lavoro. No agli attacchi populisti contro la politica”

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Matteo Renzi, cosa ha pensato di fronte all’ovazione di Confindustria per Draghi?

«Sono stato felice: c’è grande entusiasmo degli imprenditori. E ciò è positivo. Più fiducia significa più Pil e posti di lavoro. Poi ammiro le conversioni sulla via di Damasco: Confindustria a gennaio chiedeva continuità sulla linea economica Conte-Gualtieri e molti bollavano come irresponsabile aprire la crisi. Meno male che abbiamo ascoltato il nostro cuore e non i loro suggerimenti. Oggi c’è Draghi, l’Italia è più forte».

Sempre Bonomi ha chiesto ai partiti di lasciare perdere con le beghe interne e le tensioni per le comunali e il Colle. Condivide?
«Ho apprezzato la relazione, ma giudico stucchevole l’attacco alla politica. È naturale che i partiti si dividano per le amministrative o per il Quirinale: si chiama democrazia. Non conosco il dottor Bonomi e non dubito della sua passione civica, ma non prendo lezioni di politica da lui. Del resto ricordo il suo appello televisivo a sostenere il Conte ter, con tanto di esplicita indicazione del ministro dell’Economia mentre io lottavo per la “svolta Draghi”. Al milanese Bonomi ricordo il detto milanese: Ofelè fa el to mestè. Ognuno faccia il suo mestiere, senza invadere il campo altrui. Bonomi rispetti la politica quanto noi rispettiamo l’impresa. Attaccare i partiti per un applauso è roba da populisti».

Davanti a Confindustria Draghi ha lanciato il “patto per l’Italia”. L’embrione di un’area politica?
«Non sono nella testa di Draghi, ma non credo. Se il premier pensa di mettersi alla testa di un’area politica è il benvenuto, ma conoscendolo non credo punti a questo. Draghi non è Monti: la sua conoscenza dei palazzi è più profonda, la sua abilità politica più raffinata. Penso che proponendo un patto per l’Italia abbia davvero chiesto uno sforzo comune da qui alla fine della legislatura».

Draghi resta fino al 2023?
«Draghi può fare tutto. Può fare il Presidente della Repubblica con autorevolezza e prestigio. Può rimanere a Chigi gestendo la partita del patto di stabilità in Europa. Può guidare le istituzioni politiche europee dopo aver governato quelle finanziarie. Lui può. Inutile tirarlo per la giacchetta adesso, ne parleremo a febbraio».

È possibile una convergenza tra lv e il centrodestra sul Quirinale?
«Non solo è possibile, ma probabile. Il Presidente lo eleggeremo insieme al centrodestra, certo, e insieme al centrosinistra, come prevede la filosofia del ruolo. Lavoro per un accordo di tutti, o comunque di tanti. Non serve una contrapposizione, ma dialogo con tutti. È politica».

Spera nel bis di Mattarella?
«Vale lo stesso ragionamento. Aver indicato Mattarella come candidato al Colle mi è costato molto, a cominciare dalla rottura con Berlusconi. Ma è stata una scelta preziosa per il Paese. Oggi Mattarella ha già detto che non avanza una sua candidatura: lasciamogli completare il mandato senza inserirlo nel tritacarne dei nomi. Ogni ragionamento ora è prematuro e fuorviante».

Lei ha manovrato più di tutti per far cadere Conte e portare Draghi a Palazzo Chigi. Pensa che l’esperienza del premier possa continuare oltre il 2023?
«Io ho combattuto a viso aperto contro Conte non per esigenze personali, ma per l’Italia. Quanto a Draghi: per ora il futuro della politica è pieno di nebbia. Quando sarà eletto il Capo dello Stato e si capirà se e come cambierà la legge elettorale, tutti tireranno giù le carte».

Renzi, non è in ombra e poco determinante, nonostante sia stato tra i primi registi dell’operazione?
«Io sono in ombra, i nostri temi no. Se si parla di cambiare quota 100, reddito di cittadinanza, sbloccare i cantieri, finanziare il Family Act, abolire l’Irap, si fa riferimento a temi messi sul tavolo da Italia Viva. È vero tuttavia che io personalmente sono molto in ombra. Ma per quello che devo fare nei prossimi mesi è meglio così. Non sono più il centravanti, gioco davanti alla difesa. Costruisco in silenzio, senza visibilità. Arriveremo a fari spenti, come dopo il Papeete contro Salvini e prima di Draghi contro Conte».

Dicono che sia sempre più vicino a Salvini. Cosa c`è di vero?
«Nulla. Mai stato così lontano da Salvini. La sua posizione sul Green Pass – molto più vicina ai sindacati e a certi filosofi di sinistra – è assurda. E non a caso Salvini ha preso due parlamentari dal nostro gruppo: non è un atteggiamento amichevole. Su immigrazione, quota 100, Green Pass, Europa siamo lontanissimi».

E Conte? Ha mai riparlato con lui?
«Sul Colle parleremo con tutte le varie anime del Movimento: anche quelle ufficiali, certo. Conte è un enigma indecifrabile: cambia le proprie idee a seconda dell’interlocutore che ha davanti, dicendo tutto e il contrario di tutto. Sta ridefinendo il concetto filosofico di ipocrisia. Quanto ai 5S, sono in un cul de sac: se si istituzionalizzano, perdono i voti. Se si movimentizzano, perdono i posti. Se stanno fermi, perdono tutto. Situazione interessante».

Che succede dopo le amministrative? Vacilla la leadership di Salvini? E ci saranno conseguenze sul governo?
«Il centrodestra perde. Anche perché ha fatto di tutto per perdere: guardi i candidati a Roma e Milano. Il dottor Bernardo ha detto che gira armato: il pediatra con la pistola, ma come gli è venuto in mente? Davvero un modo geniale per rassicurare i moderati. Spero che Sala vinca al primo turno. Non credo che Salvini vacilli. Non vedo golpe nella Lega: ma se anche vi fossero, i numeri ci sarebbero a prescindere da Salvini. La leadership di Draghi è salda e indifferente rispetto alle tensioni padane».

Come va fatta la riforma fiscale?
«Abbassando le tasse sul lavoro. Dobbiamo aumentare i salari senza pesare ancora sulle imprese. La filosofia è quella degli 80 euro: l’abbassamento delle tasse deve vedersi subito in busta paga. Aumentare i salari: questa è la nostra priorità. E dovremmo rilanciare sulla redistribuzione degli utili aziendali, favorendo fiscalmente gli imprenditori che condividono parte degli utili coi lavoratori. Questo è il campo di gioco su cui definire un patto tra governo, imprese e sindacati. Servono più soldi ai lavoratori, subito».

Draghi difende la filosofia del reddito di cittadinanza, ma lo ritoccherà. Lei è per l’abolizione?
«Per mesi ci hanno detto che era intoccabile. Poi Italia Viva ha proposto un referendum per abolirlo e improvvisamente tutti sono diventati più possibilisti sulle modifiche. Cancelleremo navigator e furbetti, tornando al Rei: è solo una questione di tempo».