Renzi, Boschi e Lotti: così finisce rottamata una generazione di ex-potenti

0
68

Matteo Renzi è rimasto senza voce. Senza potere. Senza soldati. Solo, un uomo sempre più solo, eppure sembrava un imperatore invincibile. Tutti lo temevano, lui si sentiva eterno. Sondaggi a mille, poi il capitombolo.
Con la fine – inevitabile – dell’assalto alla diligenza, tramonta una stagione politica e fa pure un po’ pena il giovane e già vecchio leader rottamato dal tempo che lo sorpassa. Non c’è più nemmeno la nostalgia se non nella ridotta parlamentare del renzismo. Il collante del potere ammazza tutti quando finisce. Ed è facile che finisca, perché le promesse impossibili si svelano come menzogne, prima o poi.
Matteo Renzi scompare così, come tanti che lo hanno preceduto. Gli invincibili perdono. Li sconfigge la loro arroganza.
Anche le vicende di questi giorni sono tristemente esemplari per l’ex premier. Lui e la sua falange non riescono a distinguere tra reato ed etica. Non è detto che se una cosa non sia vietata dalla legge possa essere consentita. Valeva per Marco Carrai e i suoi progetti sulla cybersicurezza, valeva per Maria Elena Boschi e la banca di famiglia, vale per Luca Lotti e la giustizia. Nessuno può fare come gli pare.
Non riescono a frenare gli ardori

Ed è abbastanza ridicolo che se la prendano sempre con i giornalisti, gli sbandieratori del leader che fu. Non si interrogano sui comportamenti quantomeno discutibili dei loro capi, ma se la prendono con chi ne scrive ai lettori. Mai che frenino invece i loro ardori modello regime.
Proprio Luca Lotti e prima ancora la Boschi hanno rappresentato l’essenza di un sistema vocato esclusivamente al potere. Tutti gli altri come impaccio nella corsa sfrenata a comandare, teste da tagliare, “vecchi” da cancellare, passato da abbattere. Ora tocca a loro, con le meste cronache di un magistratura dilaniata e azzannata dai colpi di coda del renzismo.
Bulimia, si chiama, bulimia di potere, senza poltrone d’eccellenza non vivono. Ma come non indignarsi – e duramente – per quello che pare aver combinato Lotti? E Renzi che lo difende, e i renziani che lo difendono. “Lo attaccano perché è dei nostri”. Bella roba, se i vostri sono così. Decidere i vertici delle procure, oppure in maniera meno maleodorante, contribuire a decidere. Questo è il compito dei “vostri”? Questa è la bella politica che fingevate di predicare?
Tanta teoria della pratica, scarsa pratica della teoria, imputò Giorgio Ruffolo a Claudio Martelli in un lontanissimo congresso socialista a Bari. I renziani non paiono così lontani.
Il gusto dell’impunità

Il rampantismo ha contagiato pure quella che sembrava una generazione destinata a restare a lungo al potere. Che si è affezionata ad un certo gusto dell’impunità, non quella giudiziaria – un incidente in tribunale può capitare – ma quella popolare. Hanno calcolato male lo sguardo della rete, che sembrava una specialità anche del mondo renziano. Ma ne sono stati travolti, perché non basta la fretta di arrivare a comandare, la conquista delle postazioni più importanti, gestire anziché governare. Morti di potere.
Sarà difficile per Matteo da Rignano risultare di nuovo credibile. Parliamoci chiaro: l’uomo è sveglio e intelligente, ma è straordinariamente capace di farsi male da solo. Se ha la febbre, dà la colpa al termometro.
La guerra è finita, dovrebbero dire a lui e ai suoi. Ma nella foresta ci sono ancora giapponesi. Li chiamano renziani.                                                                                                                                                       fonte  https://www.secoloditalia.it/