Revocare la concessione ai Benetton non basta, Autostrade per l’Italia va nazionalizzata

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Alessandro Di Battista

Nel 1960, durante una puntata di Tribuna elettorale, Enrico Mattei raccontò l’incontro avvenuto l’anno prima con uno dei massimi dirigenti di una delle sette sorelle del petrolio. Non fece il nome ma probabilmente si riferiva ad Arnold Hofland, capo del settore Europa meridionale della Shell.
Hofland cercò di convincere Mattei ad alzare i prezzi della benzina in Italia per guadagnare tutti di più. Mattei, in diretta TV, spiegò il perché non potesse farlo. “È proprio il contrario di quello che devo fare io, che sono l’esponente dell’azienda dello Stato. Io devo cercare di portare al consumatore tutto quello che è possibile”. Portare al consumatore, ai cittadini italiani, i suoi datori di lavoro (sebbene Mattei non ricevesse una lira di stipendio dall’ENI) tutto il possibile. Prezzi bassi, benzina di qualità, investimenti nella distribuzione, motel puliti ed economici per i camionisti e, soprattutto, indipendenza energetica. Portare al consumatore tutto quello che è possibile.
Occorrerebbe aggrapparsi a questa frase per chiedere la nazionalizzazione di Autostrade per l’Italia (ASPI), la società dei Benetton. Dopo gli arresti dei massimi dirigenti di ASPI tra i quali l’ex amministratore delegato Castellucci, e soprattutto dopo la pubblicazione dei risultati delle perizie dei tecnici sul crollo del Ponte Morandi, neppure la revoca della concessione è sufficiente.