RICORSI ALLA CAMERA PER IL TAGLIO AI VITALIZI

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Pochi giorni fa è iniziato, alla Camera dei deputati, l’esame dei ricorsi degli ex parlamentari avverso il taglio dei loro vitalizi. In tutto si tratta di circa un paio di migliaia di ricorsi. Il primo di questi è stato promosso da una ex deputata eletta nel 1987 che, dopo una sola legislatura (dunque 5 anni di lavoro), ha percepito dallo Stato italiano qualcosa come 3 mila euro al mese fino a tempi recenti. Ciò che viene contestato è rappresentato dalla decisione degli uffici di presidenza della Camera prima, e del Senato poi, di ricalcolare su base contributiva e non più retributiva i vitalizi assegnati agli ex parlamentari. Tradotto: di applicare le stesse norme e gli stessi criteri valevoli per tutti gli altri cittadini. Al di là delle decine di milioni di euro risparmiati ogni anno, che ovviamente non sono la panacea di tutti i mali, anche considerando l’enorme debito pubblico lasciato in eredità dalle generazioni di politici precedenti – peraltro, sarebbe interessante verificare quanti dei ricorrenti siano esponenti di tali generazioni –, resta il fatto che l’abolizione di un privilegio ingiustificato e anacronistico costituisce un principio di civiltà. Ma con che coraggio questi ‘onorevoli’ riuscirebbero a interloquire con una persona che ha lavorato una vita e continuare a sostenere la bontà delle loro ragioni, confermando la spettanza delle somme in questione poiché ricomprese nei cosiddetti “diritti acquisiti”? È triste vedere fino a dove possa spingersi l’avidità umana. E con quale tenacia e arroganza, per giunta. Mi consola, però, sapere di aver fatto il mio dovere; di aver contribuito all’eliminazione di questa ingiustizia.