RIPARTIRE CON UN GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA CARITÀ

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“Cogliamo questa prova come un’opportunità per preparare il domani di tutti, senza scartare nessuno: di tutti. Perché senza una visione d’insieme non ci sarà futuro per nessuno”. Papa Francesco guarda avanti, ai tempi nuovi che si preparano. E lo fa durante l’omelia della Messa celebrata nella festa della Divina Misericordia. Già, proprio quella misericordia intesa come pietà del cuore, che deve salire alle menti degli uomini guidandone atteggiamenti, comportamenti e decisioni nel futuro prossimo.

Che è carico di insidie, di rischi. Il maggiore dei quali, ricorda il Vescovo di Roma, è che “ci colpisca un virus ancora peggiore, quello dell’egoismo indifferente. Si trasmette a partire dall’idea che la vita migliora se va meglio a me, che tutto andrà bene se andrà bene per me. Si parte da qui – continua Bergoglio – e si arriva a selezionare le persone, a scartare i poveri, a immolare chi sta indietro sull’altare del progresso. Questa pandemia ci ricorda però che non ci sono differenze e confini tra chi soffre. Siamo tutti fragili, tutti uguali, tutti preziosi”.

Una consapevolezza che da un lato deve rimanere interiore, ma dall’altro deve animare i nostri gesti: “Quel che sta accadendo ci scuota dentro: è tempo di rimuovere le disuguaglianze, di risanare l’ingiustizia che mina alla radice la salute dell’intera umanità!”. E il Sommo Pontefice continua con un esempio, forte e incisivo come lo sanno essere molti di quelli proposti nel suo pontificato petrino: “Impariamo dalla comunità cristiana delle origini, descritta nel libro degli Atti degli Apostoli. Aveva ricevuto misericordia e viveva con misericordia”. Con tanto di citazione: «Tutti i credenti avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno» (At 2,44-45). In chiusura il lapidario: “Non è ideologia, è cristianesimo”.

Le parole di Bergoglio riportano alla mente l’idea alla base del Giubileo. Nell’Antico Testamento il Giubileo portava con sé la liberazione generale da una condizione di miseria, sofferenza ed emarginazione. Così la legge stabiliva, ad esempio, che gli schiavi fossero liberati. Un vero e proprio resettaggio sociale. Gesù trasformò i precetti dell’anno giubilare, allargandoli in una grande prospettiva ideale, in cui l’emancipazione, il perdono e l’inizio di un anno di grazia di Dio assumevano un nuovo significato, proiettato non tanto sulle cose materiali ma su quelle spirituali.

Questo del Covid è tempo di resettaggio. Torna alla mente l’omelia pronunciata da padre Raniero Cantalamessa nella celebrazione del Venerdì Santo: “Non facciamo che tanto dolore, tanti morti, tanto eroico impegno da parte degli operatori sanitari sia stato invano. È questa la “recessione” che dobbiamo temere di più”. E ancora: “Destiniamo le sconfinate risorse impiegate per gli armamenti agli scopi di cui, in queste situazioni, vediamo l’urgenza: la salute, l’igiene, l’alimentazione, la lotta contro la povertà, la cura del creato. Lasciamo alla generazione che verrà un mondo, se necessario, più povero di cose e di denaro, ma più ricco di umanità”.

E costruire un mondo più ricco di umanità passa per una strada maestra: un Anno Santo, un Giubileo straordinario della carità. Tutti un po’ meno ricchi, nessuno nell’estrema povertà. E’ il momento di applicare al tempo presente l’antica pratica dei giubilei straordinari, proclamati nella storia per ottenere uno speciale aiuto divino in momenti difficili o delicati della Chiesa universale o delle Chiese locali. Il futuro deve riservare un programma di ricostruzione della vita economica e sociale nel campo interno ed internazionale, che faccia proprie le aspirazioni più diffuse radicandole sui principî cristiani. Che sono universali. La Chiesa deve allora recuperare quel ruolo di guida delle menti e dei cuori che nei momenti di ricostruzione sociale fu tanto importante per molti Paesi, certamente anche per l’Italia.

Un Anno Santo senza movimenti di pellegrini, da vivere nell’intimità personale o nelle forme che saranno consentite dall’evoluzione degli eventi. Un momento forte, significativo, per recuperare quella dimensione spirituale della quale ognuno ha bisogno, indipendentemente dal credo o dal pensiero.

Perché il futuro avrà bisogno di uomini nuovi, come ci ha ricordato padre Cantalamessa: “Anche noi, dopo questi giorni che speriamo brevi, risorgeremo e usciremo dai sepolcri che sono ora le nostre case. Non per tornare alla vita di prima come Lazzaro, ma per una vita nuova, come Gesù. Una vita più fraterna, più umana. Più cristiana!”.

Raccogliamo la sfida. Proclamiamo il Giubileo straordinario della carità.

Domenico Zampelli