“Rischio Sismico e Idrogeologico in Italia”

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L’Adoc e il Codacons presentano dalle 11 alle 13 al Pick Center, a via Boezio 6, a Roma i risultati del progetto “Rischio Sismico e Idrogeologico in Italia”, realizzato nell’ambito del programma “Più informati, più protetti del Forum Ania Consumatori”.

ROMA – La ricerca si è concentrata sulla conoscenza, la percezione e comportamenti adottati da 865 famiglie, in zone a rischio sismico medio-alto (zona sismica 2) e aree a rischio sismico medio-basso (zona sismica 3), secondo la classificazione dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Per la zona 2 le interviste sono state concentrate nel vasto territorio della provincia di Napoli, mentre per la zona 3 il territorio di riferimento è stato quello della provincia di Aosta e comuni contermini.

Il 41,4% del campione, che sale al 77,3% tra i residenti in aree a rischio sismico medio-alto (zona 2), a fronte di valori decisamente più contenuti (13,3%) tra quanti risiedono in un comune a rischio medio-basso (zona 3) dichiarano di temere il “rischio sismico ed idrogeologico”, evidenziandosi a tale riguardo una generale coerenza tra dimensione oggettiva del rischio e percezione della popolazione residente. In seconda posizione, tra le preoccupazioni connesse al cambiamento climatico, si colloca il rischio di frane e smottamenti (32,5%, che raggiunge il 50,5% tra i residenti della Valle d’Aosta), seguito del timore per le eruzioni vulcaniche (21,4%, che tuttavia sale al 48,8% tra i residenti del Napoletano).

Il rischio di incendi boschivi impensierisce il 14,5% del campione, con valori soltanto di poco superiori a quelli per le alluvioni (13,6%); il rischio esondazioni è citato soltanto dal 7,8% del campione, mentre del tutto marginali risultano le preoccupazioni per il rischio uragani (1,8% delle citazioni), nonostante negli ultimi anni si osservi una accresciuta intensità di questi fenomeni anche nel nostro Paese, per effetto dei mutamenti climatici in atto.

C’è ancora molto da fare riguardo le costruzioni antisismiche, ben il 54,4% non è a conoscenza della sua “vulnerabilità sismica” – ovvero del rispetto o meno dei criteri antisismici nella costruzione e negli eventuali rifacimenti o ristrutturazioni -, mentre l’8,7% vive in una abitazione costruita senza criteri antisismici e mai sottoposta ad interventi di miglioramento/adeguamento.

“Al sicuro”, di conseguenza, meno di 4 intervistati su 10: il 23,6% del campione afferma infatti di vivere in un’abitazione costruita secondo criteri antisismici (40% nella “zona 2” della provincia di Napoli contro il 10,5% nella zona 3” di Aosta), mentre il 13,1% indica di abitare in un edificio sottoposto a successivi interventi di “miglioramento” o adeguamento a tali criteri.

Prevalgono, con molti “se” e molti “ma”, i favorevoli ad una assicurazione obbligatoria contro le catastrofi naturali – Se, in termini generali, la maggioranza degli intervistati si dice favorevole all’introduzione di una assicurazione obbligatoria per gli edifici contro terremoti e catastrofi naturali, tale posizione risulta piuttosto articolata: soltanto il 24,9% si è dichiarato favorevole ad un sistema di copertura assicurativa “totale”, che coinvolga tutti gli edifici, mentre il 16,9% vi escluderebbe le abitazioni situate in aree a basso rischio sismico e idrogeologico e, analogamente, il 9,9% ne limiterebbe l’introduzione ai soli edifici localizzati in aree a rischio elevato. Sul fronte opposto, gli intervistati del tutto contrari ad una assicurazione obbligatoria si attestano sul 22,5%, mentre il 25,8% non esprime alcuno specifico giudizio al riguardo.

L’ipotesi di strumenti assicurativi obbligatori risulta più condivisa dal campione dell’area di Napoli, dove i favorevoli raggiungono il 73%, mentre tale valutazione scende al 34,8% nel campione di Aosta, dove riceve adesioni analoghe a quelle di segno contrario (32,8%, contro il 9,5% di Napoli).

Per circa 6 intervistati su 10 l’eventuale premio assicurativo non dovrebbe comunque superare la soglia di 100 euro annui (per il 32,4% tra 50 e 100 euro e per il 29,4% inferiore a 50 euro); soltanto il 13% del campione ritiene invece congruo un ammontare compreso tra i 100 e i 200 euro annui, mentre ancora una volta circa un quarto del campione non sa esprimere una valutazione al riguardo.