Rsa, 1.600 morti in 84 case in due mesi

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Le indagini (non solo di carattere amministrativo, ma anche penale) sono già state delegate ai carabinieri del Nas, al lavoro in tandem con i tecnici di Ats ormai da settimane. La maxi inchiesta aperta per epidemia colposa nelle case di riposo bresciane (e non solo) durante il periodo di massima emergenza Covid diventa sempre più corposo. In una settimana i fascicoli aperti dal procuratore aggiunto – che ha creato un pool dedicato insieme ai pm Corinna Carrara, Cati Bressanelli e Federica Ceschi – sono passati da 25 a 60. E restano a carico di ignoti. Tanti quanti gli esposti depositati alla magistratura: circa la metà da privati, cioè famigliari di persone anziane potenzialmente morte in circostanze «sospette», altrettanti, invece, più generici e sottoscritti da una serie di associazioni (il Codacons è stata la prima a procedere, nelle scorse settimane) che chiedono di fare chiarezza anche sulla gestione dell’ emergenza stessa: i criteri di delimitazione delle «zone rosse», per esempio, o le tempistiche dei provvedimenti restrittivi, ora da parte del governo ora di Regione Lombardia. L’ informativa conclusiva del Nas non è ancora agli atti. Depositata, invece, una relazione preliminare su 19 Rsa al termine dei sopralluoghi. Ma nel dossier della procura ci sono anche parecchi numeri. Uno su tutti: circa 1.600 anziani deceduti nelle 84 case di riposo di Ats Brescia (quindi ad esclusione delle 14 strutture in Valcamonica) tra febbraio e marzo (pochi ufficialmente Covid). Sarebbero oltre 600 in più rispetto allo stesso periodo di riferimento nel 2019. Alcuni testimoni sono già stati convocati e sentiti (da remoto): operatori e direttori delle stesse Case di riposo – a partire da quelle in cui l’ incidenza dei decessi è stata maggiore che in altre – affinché chiariscano in quali condizioni abbiano lavorato e su disposizione di chi. E anche come siano stati «gestiti» i dispositivi di protezione individuale, pur in un innegabile contesto che ha colto tutti impreparati e decisamente povero di linee guida. Meno del dieci per cento degli esposti finiti sulla scrivania dei pm riguarda, invece, morti che sono state registrate nei reparti Covid in ospedale. Anche in questo caso, da chiarire (o escludere) se questi decessi siano in qualche modo attribuibili a negligenze, omissioni o inottemperanze di carattere sanitario.
mara rodella