Sala: “La Lega in due giorni dal terrore al libera tutti. Più test e meno slogan”

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Sindaco Sala, la Regione dice che si riparte il 4 maggio… Parla di 4 D. Distanza, dispositivi e cioè mascherine, digitalizzazione e diagnosi…

«L’ha deciso la Regione o Salvini? Stanno passando dal terrore sul numero dei contagi di due giorni fa al liberi tutti. Un po’ più di equilibrio non guasterebbe. Guardi, io non sono contrario a rimettere in moto l’economia, perché alla fine si parla di lavoro per tanta gente. Ma devono essere fornite le garanzie adeguate per chi andrà a lavorare. Quello del 4D è uno slogan senza contenuto. Nella D di dispositivi varranno anche i foulard o le sciarpe, come da loro precedente ordinanza?».
Anche l’Organizzazione mondiale della sanità ha invitato alla cautela…

«E ci mancherebbe, abbiamo tutti continuato a dire che la salute è la prima cosa. Qualche settimana fa quando c’erano da sostenere le ragioni della chiusura ci dicevano di guardare all’Oms, faranno così anche adesso?».
Qual è la cosa più importante per rimettere la gente al lavoro?

«Che vengano fatti i test d’immunità e purtroppo su questi, che vengono praticati largamente in Veneto, in Lombardia siamo indietrissimo. Siccome a Milano non si fanno, oggi ho rotto gli indugi e mi sono accordato con l’ospedale Sacco per farli in autonomia, cominciamo con i 4mila del personale Atm, che lavorano nel delicato settore dei trasporti, e poi vediamo».
Ma in che situazione siamo a Milano?

«Il discorso sarebbe lunghissimo, provo a riassumere. Nel weekend di Pasqua oltre il 95 % dei controlli dimostra che chi era in movimento poteva farlo. C’è molta autodisciplina e io stesso ogni giorno sono ispirato dalla determinazione e generosità dei milanesi. C’è un volontariato che commuove, così come abbiamo un personale sanitario che dimostra il suo valore. Ma ogni giorno, nei bollettini, dicono che a Milano non stiamo messi bene. Ora, con quale criterio ci viene detto questo? Ma quali dati ci vengono forniti? E come li controllo?».
E quindi?

«Non è mai stato fatto, per dire, un campione rappresentativo della popolazione da analizzare per definire quale è il reale trend del contagio e come i contagiati abbiamo reagito. Si passa da 3.000 a 8.000 tamponi al giorno nell’intera regione. Cioè, una confusione tremenda. Certo, Regione Lombardia, a partire da Codogno, si è trovata in una situazione difficilissima da gestire, però da qualche tempo mi sembra che stiano tirando avanti alla giornata. Giriamola come vogliamo, ma la gestione sanitaria in Veneto e Emilia-Romagna è stata diversa. Non lo dicono solo i numeri, purtroppo drammatici, dei decessi in Lombardia, ma anche quelli relativi a mascherine, tamponi, test sierologici a disposizione della popolazione».
In un caso simbolo, il Pio Albergo Trivulzio, sembra palese la volontà di non dire come stanno le cose.

«È arrivata la magistratura, ci sono le inchieste, noi abbiamo nominato l’ex magistrato Gherardo Colombo nel comitato di indagine. Tutti vogliamo vederci chiaro e, per quanto mi riguarda, il direttore generale del Pat farebbe bene a trarre le conclusioni».
Dimissioni?

«Se sei responsabile di una struttura che viene così contestata da medici, infermieri e famiglie, con accuse tremende, dimostrare di non essere attaccato alla sedia dovrebbe essere il minimo».
Lei è stato appena nominato capo di un gruppo internazionale di sindaci, la “Global Green Recovery Task Force”. Ma che cos’è?

«Esistono le C40 Cities, cioè una rete di città globali di primo piano impegnate sul cambiamento climatico e io sono vicepresidente europeo. Due settimane fa io e il sindaco di Seul abbiamo raccontato agli altri colleghi, che ancora non avevano subito l’assalto di Covid 19, in che situazione siamo. Ci scambiamo informazioni operative, entro sabato nominiamo gli altri otto sindaci che lavoreranno insieme e, chiamando esperti di caratura internazionale, troveranno la via migliore per l’uscita dal lockdown».
Ci sono già idee comuni?

«Noi sindaci pensiamo che i pacchetti di incentivi economici debbano essere costruiti intorno ai bisogni delle persone, non per far ripartire l’industria del petrolio. E siccome la scienza sostiene ormai da molti anni che il nostro modo di vivere non è sostenibile, che la crisi climatica è in continuo peggioramento, la tragedia nata da questo nemico invisibile sta dando a tutti quanti l’occasione di vedere come, nei periodi di crisi, siano sempre i più vulnerabili a sopportare il peso maggiore. Ed è qui che bisogna agire».
Cosa vede per l’economia del nostro Paese?

«Dovremmo mettere l’ambiente e il digitale al centro dei progetti, sapendo, purtroppo, che la disoccupazione crescerà. Lo smart working è utile, ma se le aziende stanno verificando che possono lavorare con il 20%degli staff in meno, se c’è meno business perché nessuno viaggia, come ce la caviamo? Ad aprire per aprire, il grave rischio è fare marcia indietro e tornare a casa peggio di come ne siamo usciti. Invece, serve avere una prospettiva che implichi una nuova economia, nuovi lavori e anche orari diversi per muoverci nelle città e restare liberi di farlo»