«Salari uguali e lavoro da casa. Garantire la parità arricchisce il Paese»

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«Il divario fra uomini e donne, sulle quali si scarica la cura dei figli, non è solo culturalmente inaccettabile, è svantaggioso sotto il profilo economico. Ce lo dice la Francia, che insieme al tasso di natalità fra i più alti d’Europa ha anche un elevato tasso di attività femminile. E ce lo dicono le aziende italiane che hanno attivato modelli di conciliazione fra famiglia e lavoro: nelle imprese che incentivano lo smart working, per esempio, la produttività cresce». In occasione dell’8 marzo, nonostante l’emergenza coronavirus, la ministra alle Pari Opportunità e Famiglia Elena Bonetti issa la bandiera della parità di genere necessaria, anche, a far crescere il Pil.

Ministra Bonetti, a ogni cambio d governo si promette che l’arretratezza italiana verrà colmata. Solo che poi non succede niente o quasi. Lei che intenzioni ha?
«Molto lavoro è già stato avviato, a cominciare dalle misure inserite nel Family Act che l’emergenza ha rallentato. Si tratta di mettere in campo diverse azioni, anche di carattere culturale, per riconoscere alle donne il ruolo decisivo che hanno per lo sviluppo del Paese».

Di che cosa si tratta, in concreto?
«Entro fine anno l’Italia si doterà di un piano strategico nazionale sulla parità di genere. Significa che tutte le politiche del governo saranno coordinate al fine di conciliare famiglia e lavoro, contrastare il gender gap e la disparità salariale, riequilibrare la presenza in tutti gli organi decisionali. Abbiamo ottenuto che il 40% dei cda siano composti da donne, dobbiamo arrivare al 50».

Prima dei cda, ci sono questioni più basilari. In Italia il tasso di attività femminile è fermo al 56,4%, quello maschile è al 75. In Svezia lavora l’84% delle donne, quasi il 70 in Spagna. Noi quanto ci metteremo a recuperare questo ritardo?
«Molto dipenderà dalle politiche che riusciremo a portare avanti. A partire dal Sud, dove non lavora una su tre. Numeri inaccettabili che segnalano come qui da noi le donne sono ancora obbligate a scegliere se fare le madri e curare la famiglia oppure lavorare. Come se non si possa essere una buona madre e una brava lavoratrice. Un’idea sbagliata che noi cambieremo introducendo incentivi per l’imprenditoria femminile e nuove regole che tutelino le madri lavoratrici e ne garantiscano gli avanzamenti di carriera».

Un libro dei sogni per un Paese maschilista come il nostro.
«Basta farsi guidare dalla realtà. Giovedì sono andata allo Spallanzani per incontrare il gruppo di ricercatori che per primo ha isolato il coronavirus. Sono tutte donne e sono le prime ad aver dato una speranza al paese. La prova che il mondo femminile offre una riserva di competenza, energia e creatività che sarebbe criminale non utilizzare».

Questa esperienza come si traduce in azione di governo?
«I dati ci dicono che le ragazze che si laureano sono in media più numerose e più brave dei ragazzi. Nel primo anno dopo la laurea, però, il dato si inverte: sono più gli uomini che trovano lavoro e anche più qualificato. Specie in alcuni campi, come quello scientifico, le donne restano escluse dal mondo del lavoro perché tagliate fuori dalle competenze nelle materie così dette Stem (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica, Medicina)».

E quindi?
«Bisogna intervenire sullo stereotipo di origine culturale, che considera queste materie appannaggio del lavoro maschile, e colmare un gap di formazione. Presso il mio ministero abbiamo istituito un gruppo di lavoro, guidato dall’astrofisica Ersilia Vaudo, proprio per incentivare l’apprendimento delle materie Stem e promuovere progetti di ricerca al femminile».

Ma come farete a persuadere aziende e datori di lavoro a privilegiare le competenze femminili?
«Abbiamo in cantiere una serie di progetti come l’accordo con Google, inizialmente pensato per le mamme, che ora valutiamo di estendere a tutte le donne: daremo la possibilità di accedere a una speciale piattaforma per formarsi nell’ambito delle competenze digitali».

Senza aiuti concreti per la cura dei figli sarà però complicato agevolare l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro.
«È esattamente l’obiettivo del Family Act, che il governo avrebbe dovuto esaminare proprio in questi giorni. Con il riordino dei congedi parentali secondo il criterio della corresponsabilità fra padri e madri, l’integrazione al reddito per le donne che rientrano dopo la maternità e le agevolazioni fiscali per le aziende che incentivano lo smart working faremo diversi passi in avanti. Tra l’altro i congedi parentali costruiti in modo da coinvolgere entrambi i genitori sono una delle misure previste nel decreto emergenziale a sostegno delle famiglie che approveremo a metà settimana».

E in cosa consistono queste misure per l’emergenza?
«I congedi parentali speciali prevedono un allungamento del periodo assenza dal lavoro se questo verrà suddiviso fra padri e madri, così da evitare che la cura dei figli rimasti a casa per la chiusura delle scuole si scarichi solo sulle donne. E poi ci sarà un aiuto economico per pagare le baby sitter. Senza dimenticare i caregiver, chi per esempio ha genitori anziani e non autosufficienti a carico. L’idea è prevedere dei bonus o dei voucher anche per loro».