“Salviamo il Lago”

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Su ogni casa ci sarà questa Bandiera con scritto “Salviamo il Lago” tratto da “L’ultima fila in alto”

Gianluca Bordiga è l’autore del libro “L’ultima fila in alto”, di prossima uscita. Il libro è una autobiografia dal linguaggio dolce che per circa metà narra anche la storia del personale impegno pubblico a difesa e valorizzazione del territorio dov’è nato e dove ha vissuto fino al duemilasette. Questo è l’impegno pubblico finora più difficile dell’autore, non ancora concluso, è anche quello maggiormente significativo per lui e per le decine di suoi conterranei che insieme stanno lottando nelle diverse fasi storiche della questione, dagli anni ottanta in avanti. È un tema ben noto da anni nei Ministeri dei Lavori Pubblici e dell’Ambiente, profondamente radicato nella Valle delle origini dell’autore. Si tratta della gestione artificiale, iniziata un secolo fa, di un lago alpino d’origine glaciale tra i più profondi d’Italia, tra i più suggestivi, rilassamento morfologico dell’ampio bacino imbrifero del Chiese che ha origine sul lato trentino del ghiacciaio dell’Adamello; una gestione innaturale e abnorme avviata da un Decreto Luogotenenziale del 25 ottobre 1917, in epoca dove le istituzioni erano completamente a digiuno del senso del rispetto del territorio, anzi avevano tutt’altro da pensare, questo Decreto arriva il giorno successivo alla disastrosa battaglia di Caporetto. Il punto è che da quell’atto di concessione a favore della SEB, società elettrica bresciana, e dell’Università del Naviglio grande per motivi idroelettrici e agricoli ebbe inizio la fine dell’economia delle popolazioni di questo lago, ch’era basata sulla ricchissima pesca. Sono conservati nell’archivio dell’ufficio pesca della Provincia di Brescia i dati del pescato anche di quell’epoca, è impressionante l’impoverimento che ebbe la fauna ittica in seguito alla gestione artificiale: nei primi anni venti il pescato fu poco meno di cinquantacinque mila chilogrammi; dopo soli quattro anni, alla fine degli anni venti il pescato s’era ridotto a poco meno di ventotto mila chilogrammi. Incredibile ma purtroppo vero, quel lago meraviglioso, il cui immissario fiume Chiese porta acqua di neve, acqua abbondante, acqua limpida che nei millenni lo creò olomittico aveva già negli anni trenta perso gran parte della sua ricchezza. Questa popolazione, in quegli anni si contavano circa settemila abitanti, è stata spinta in una depressione collettiva territoriale che l’ha sfiduciata, l’ha costretta ad emigrare, lasciando il territorio in balia di una gestione priva di coscienza ambientale. Per decenni, fino alla scadenza della concessione, ventiquattro ottobre millenovecentoottantasette, questo ambiente è stato sfruttato fino ad un passo dalla morte biologica. Istituzioni locali supine, sterili sulla questione, prive del sano orgoglio, inadeguate ad avviare una concreta fase di riscatto storico e antropologico della loro terra, per la quale hanno anche giurato di difenderla, da circa quarant’anni trovano un supporto competente, libero e tenace di decine di persone, uomini e donne che lì hanno ricevuto i natali, e che insieme all’autore del libro perseverano nella sacrosanta battaglia per arrivare ad affermare il naturale diritto a preservare la terra che ti sta sotto i piedi.

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