SALVINI AGISCE CON LOGICA PROPORZIONALISTA, FI NON SIA DA MENO

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La “federazione di centrodestra” improvvisamente evocata da Matteo Salvini è un velo sottile tessuto in fretta e furia per farsi dire di no e mascherare la realtà. La realtà è che, dopo aver tirato un muro tra sè e Giorgia Meloni, il Capitano ha voluto delegittimare il suo storico alleato, Silvio Berlusconi, accusandolo nientemeno che di intelligenza col nemico. Cosa ha ottenuto, Salvini? Forse qualche like sui social, di sicuro nessun risultato politico. Una mossa apparentemente insensata che certifica l’eclissi di un’alleanza, la indebolisce in vista delle prossime amministrative e rischia di tagliarla fuori dalla partita per l’elezione del capo dello Stato. Una partita strategica.
Non è la prima volta che, in Italia, in Europa e nel mondo, Matteo Salvini assume posizioni apparentemente prive di senso politico. Esibizioni muscolari, esercizi narcisistici che il più delle volte si rivelano boomerang per lui, handicap per il centrodestra, assist per coloro che dovrebbero essere i suoi e i nostri veri avversari: le sinistre in generale e Giuseppe Conte in particolare.
Appartenendo, Salvini, a quel tipo umano che stenta a trarre lezione dai propri errori, verrebbe da chiudere il discorso attribuendo il tutto a limiti caratteriali evidentemente insuperabili. Ma poiché Matteo Salvini è un leader politico, siamo tenuti ad attribuirgli nonostante tutto un calcolo, una visione, una logica. Magari sbagliata, forse autolesionista, ma una logica politica. E dunque, in virtù di quale logica politica Matteo Salvini sembra deciso a fare a pezzi quel centrodestra di cui mai ha voluto o saputo assumere la leadership? L’unica ipotesi plausibile è che dia per scontato che alle prossime elezioni si voterà con il proporzionale, ed essendo naturalmente incline ad interpretare il proprio ruolo esclusivamente in chiave di campagna elettorale permanente si sia messo avanti col lavoro. Obiettivo: annichilire gli alleati e massimizzare il risultato del proprio partito.
Forza Italia farebbe bene a sintonizzarsi sulla medesima lunghezza d’onda. Ragionare con logica proporzionalista obbligherebbe tutti i dirigenti a coltivare l’identità politica del proprio movimento più di ogni altra cosa e alcuni ad accantonare un “salvinismo” esibito per calcolo più che per convinzione. Poi, ovviamente, se alle prossime elezioni i partiti di centrodestra si rivelassero maggioranza e la Lega ottenesse più voti degli altri, è ragionevole immaginare che qualcuno possa dire a Matteo Salvini: complimenti, ma, se vuoi quella fiducia che per anni ci hai negato, a palazzo Chigi devi mandarci un Giancarlo Giorgetti.

Andrea Cangini