Salvini non è più al governo e non è poco

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Sarebbe ipocrita negare che una delle ragioni che rende accettabile l’accordo col m5s è proprio quella di aver allontanato dal potere una destra brutale, e aggressiva.

Ma sbaglieremmo se pensassimo che basta un nuovo governo a risolvere il problema.

Perché il successo di Salvini ha radici profonde. In questi anni ho provato a raccontarvi un’Italia che raramente arriva nei tg, quella delle periferie più estreme, delle case popolare invivibili, dei quartieri governati non dallo Stato ma dalle mafie, delle vite spezzate dalle droghe. L’Italia della povertà, della solitudine e della rabbia.

Sono andato a cercarla quell’Italia perché era lì che stava crescendo l’odio. E perché era da lì che la sinistra si era ritratta, per cercare il conforto dei quartieri più ricchi, la rassicurazione di un paese con meno problemi e più certezze.

E con un’agenda diversa da quella di chi vive il disagio di un’esistenza ai margini.

E così quel disagio lo abbiamo dimenticato o al massimo ne abbiamo parlato in qualche convegno, senza capirlo davvero. E non comprendendolo non abbiamo trovato le risposte giuste, lasciando che a interpretarlo fosse chi puntava semplicemente a strumentalizzarlo.

La destra così è diventata egemone, per la nostra incapacità di costruire una risposta alternativa.

Spesso pensiamo come loro e parliamo con le loro parole. È stato così sulla sicurezza, sull’immigrazione, spesso anche sull’economia.

Abbiamo perso culturalmente prima che politicamente.

E così, anche per nostra responsabilità, la società si è sfibrata, i legami si sono sfilacciati, le solitudini hanno prevalso e con loro l’individualismo.

Oggi non c’è più la civitas ed è anche colpa nostra.

Per fortuna c’è chi non ha mai smesso di difenderla, nonostante tutto. Qui e là piccole e grandi realtà hanno combattuto una battaglia eroica e solitaria. A volte un parroco coraggioso, altre volte un’associazione laica o cattolica. In alcuni casi qualche istituzione illuminata, in altri realtà nate dal conflitto.

Ho provato in questi anni a stare al fianco di quelle realtà e a riportare la sinistra e le istituzioni che rappresento nei luoghi dai quali mancavano da troppo tempo. A cercare le nuove fratture che si aprivano nella società e tentare di ricomporle. Sono stato nelle piazze di spaccio dove le mafie vietavano di entrare, nelle baraccopoli dove vivevano i migranti sfruttati dai caporali. Nelle case occupate da chi si vede negato uno dei diritti più sacri, quello all’abitare e nelle piazze divise in due dove la destra scatenava la guerra tra ultimi e penultimi.

Ho distribuito siringhe insieme a volontari fantastici che ogni giorno salvano vite distrutte dalla droga e ho abbracciato chi le vite le salva in mare.

Ognuno di quegli incontri è stato per me prezioso e determinante per capire cosa debba dire e fare oggi la sinistra.

E per scrollarci di dosso quella maledetta subalternità.

Per vincere nel paese dobbiamo cambiare davvero e per farlo abbiamo bisogno di tornare a sporcarci un po’ i vestiti, come dice Brunori. E abbiamo bisogno di pensare insieme, tanto.

Domani comincia la festa di Left Wing, che mai come quest’anno è il frutto di queste riflessioni e di questa idea della politica.

Abbiamo abolito il palco, perché non è tempo per i comizi. Serve cercare insieme le risposte.

Se avrete il tempo e la voglia di venirci a trovare incontrerete tante persone diverse tra loro: i movimenti per il diritto all’abitare, gli operatori dei sert, le associazioni ambientaliste, gli ordini professionali, i riders, gli scout, i medici, i ricercatori universitari precari, i sindacati delle forze dell’ordine, i bambini delle occupazioni che con lo Spunk faranno un piccolo progetto di giornalismo, il mondo dell’innovazione, le Ong dalla Sea Watch a Mediterranea, l’Unhcr, l’Unicef, Amnesty, i sindaci di comuni come Castelnuovo di Porto e tanti altri che abbiamo conosciuto attraverso le cronache di questi anni, l’osservatorio sul caporalato, la Cgil, gli addetti della Rai e le cooperative di giornalisti. E poi intellettuali, docenti, attori, produttori e lavoratori del mondo dello spettacolo. Cooperative agricole e del mare. E tanto, davvero tanto altro.

Veniteci, perché è vero che oggi il presente è un po’ più rassicurante, ma proprio per questo noi cominciamo a immaginare il futuro.