Scalfarotto: “Il Ceta va ratificato. All’Italia ha portato 438 milioni”

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Le dichiarazioni del sottosegretario Manlio Di Stefano, contrarie alla ratifica del trattato di libero scambio con il Canada? «Non rappresentano la posizione ufficiale del Governo». Parola di Ivan Scalfarotto. Da sottosegretario a sottosegretario. Entrambi in forze al ministero degli Affari Esteri: dal primo di gennaio, è qui che approderanno le competenze sul commercio estero, che vale un terzo del Pil italiano e che ha un discreto budget di spesa a disposizione. Ma a chi andrà, questa delega? Quando nacque il governo Conte 2, la poltrona fu promessa a Ivan Scalfarotto, che peraltro fu titolare del Commercio estero già sotto Renzi e Gentiloní. Ultimamente, però, il sottosegretario Di Stefano ha voluto occuparsi spesso della materia, e in molti dicono che possa insidiargli la poltrona. Uno scontro non da poco, in palio ci sono anche gli equilibri di governo: perché Scalfarotto milita con Italia Viva e fa capo a Renzi, mentre Di Stefano sta con Di Maio e con il Movimento Cinque stelle.

Sottosegretario Scalfarotto, cosa non la convince delle posizioni del suo collega Manlio Di Stefano sul Ceta?
Io non sono un liberista per partito preso, ma cerco di guardare le cose in maniera pragmatica. Da quando l’accordo di libero scambio tra la Ue e il Canada è entrato provvisoriamente in vigore, nel settembre del 2017, l’Italia ha esportato in Canada 438 milioni di euro in più. È cresciuto il nostro export di bevande, di farmaci, di macchinari. Di fronte a questi numeri, ritengo che per dire di no alla ratifica, mi devono dare un buon motivo. E io ad oggi un buon motivo non lo vedo. Anche io faccio parte di questo governo, quindi voglio dire alle nostre imprese che esportano che quella espressa dal sottosegretario Di Stefano non è la posizione unitaria del governo.

C’è una parte del settore agroalimentare, per esempio, che di quell’accordo si lamenta. La stessa ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova, che come lei fa parte di Italia Viva, all’inizio del suo mandato espresse alcune perplessità sul Ceta…
I dati da settembre del 2017 ci dicono che anche l’export alimentare italiano verso il Canada, dall’entrata in vigore dell’accordo, è cresciuto. Di ben il 9%. Ora, all’interno di qualsiasi accordo di libero scambio, per quanto vantaggioso, può capitare che ci siano dei singoli che ci perdano. Ma questo non è un buon motivo per buttare a mare tutto, semmai bisogna pensare a come compensarli. Ed è a questo che si riferiva anche il ministro Bellanova quando parlava del Ceta, che in generale sula ratifica del Ceta non mi pare abbia espresso alcuna perplessità. Prendiamo i prodotti a Indicazione geografica tipica, che per la prima volta proprio grazie al Ceta hanno ottenuto protezione in un Paese anglosassone non europeo. Attualmente il trattato tutela oltre il 90% delle Igp che l’Italia esporta in Canada. Qualcuno è rimasto fuori? Il nostro obiettivo deve essere aggiornare la lista e portare dentro anche gli esclusi. Non buttare tutto il trattato. Ma lo sa che, prima del Ceta, non potevamo tutelare in Canada il Prosciutto di Parma perché i canadesi avevano registrato il marchio “Parma”?

Esattamente come succede ancora oggi negli Usa…
Si, solo che per gli Usa le nostre aziende si lamentano.

La ratifica del Ceta al momento non è all’ordine del giorno dei lavori parlamentari. Ma se lo diventasse, lei si aspetta che verrà ratificato?
Rispetto l’autonomia del Parlamento e non mi pronuncio. Ma penso che le Camere dovrebbero perseguire l’interesse nazionale. Italia Viva è tutta a favore del Ceta, e penso che anche il Pd sia d’accordo.

A chi verrà assegnata a gennaio la delega per il Commercio estero? È possibile che la responsabilità verrà condivisa?
Lo spacchettamento della delega sarebbe un grave errore per una funzione del governo che porta la responsabilità di un terzo del nostro Pil. La responsabilità ultima sarà del ministro Di Maio, ma certo io non potrei avvallare una decisione che ritengo non farebbe l’interesse del Paese.