SCUOLA: IN LOMBARDIA MANCANO 15.000 DOCENTI

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IN PENSIONE 5.500 INSEGNANTI, VALANGA DI SUPPLENZE A SETTEMBRE.

LE BUGIE DEL MINISTERO SULLE STABILIZZAZIONI

Quale diritto allo studio avranno gli studenti lombardi? Che scuola troveranno a settembre?

Secondo i dati dello stesso Ministero dell’Istruzione risultano scoperti in Lombardia, ad oggi, quasi 15.000 posti di insegnanti, di cui 5.608 di sostegno, a cui se ne aggiungeranno almeno altri 7.000 circa, sempre di sostegno, per garantire la copertura per gli alunni diversamente abili presenti nelle scuole. Più di 5.500 docenti se ne andranno in pensione.

Delle 58.627 immissioni in ruolo nazionali per settembre annunciate dal Ministro Bussetti (di cui siamo ancora in attesa di conoscere la distribuzione) la metà non verranno effettuate per mancanza di candidati nelle graduatorie: sostegno in primis, ma anche lettere, matematica, fisica, informatica, meccanica,… Un bluff, di cui il Ministero è consapevole!

E così, se lo scorso anno in Lombardia sono state assegnate 37.000 supplenze, è facile prevedere per settembre il superamento di tale numero e abbondantemente.

Ogni anno denunciamo la carenza e l’incapacità del Ministero di programmare le necessità della scuola attivando percorsi di abilitazione e di specializzazione non solo per tempo ma, anche, con numeri che rispondano alle coperture dei posti liberi e che sono a conoscenza di tutti.

Incapacità, funzionari non competenti o scelta politica? Il MIUR esiste o sono altri che decidono?

Il Governo giallo-verde sta drenando risorse dal capitolo scuola verso azioni politiche di breve durata e prettamente elettorali; nessuna risorsa e nessun investimento sull’istruzione. L’Italia sempre più fanalino di coda dei Paesi europei in tema di investimenti, di diplomati, di laureati.

Non siamo un paese di immigrati ma di emigranti: sono più numerosi i giovani che se vanno dall’Italia di coloro che approdano in Italia.

Alle famiglie, ai cittadini questo interessa? Ne sono consapevoli?

Chi dice che con l’autonomia regionale le cose si sistemerebbero, sostiene un altro bluff. L’autonomia non solo romperebbe il sistema nazionale di istruzione, che è il perno dell’unità e identità di un Paese, ma creerebbe minuscoli stati nello Stato indebolendo tutta la nazione e aumentando le diseguaglianze dentro un sistema mondiale che ci schiaccerebbe. Altro che Paese competitivo. Per non parlare dei possibili stipendi differenziati che cancellerebbe il principio che a parità di lavoro corrispondono parità di salario e parità di diritti.

Senza investimenti nazionali nell’istruzione questo è un Paese che va verso un declino culturale, sociale ed economico. Un declino iniziato da tempo e che prepara un futuro drammatico per i giovani.