Scusate lo sfogo

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sciopero

Può apparire una concessione al sentimentalismo, ma non lo è affatto.
Ma per me la politica è contatto fisico, è popolo che si incontra e si organizza per lottare e per cambiare.
La democrazia della partecipazione è stata una palestra di senso insostituibile.
Uno strumento di libertà.
Non penso che debba andare in soffitta.
Ho trascorso una vita saltellando di qua e di là da un’assemblea all’altra, da una piazza all’altra, da una riunione all’altra.
Alcune belle e appassionanti, altre lunghe e piatte.
Sono arrivato a riconoscere dagli sguardi e dai movimenti delle labbra cosa pensano le persone, se sono convinte o sono arrabbiate, come giudicano la qualità di un intervento, persino cosa diranno quando sarà il loro turno di parlare.
E quando – finito un comizio – ti fermano e vogliono continuare a discutere, ti sottolineano un punto del discorso che non li ha persuasi, ti rivolgono un apprezzamento o una contestazione.
La mia esperienza di vita è stata condividere il tempo con altre persone.
E’ in effetti una forma di ripudio della solitudine che genera spesso risentimento e talvolta paura.
La discussione fa crescere, i monologhi invece finiscono per essere soltanto una pratica burocratica e autoreferenziale.
Oggi la politica, il sindacato, le associazioni sono in lockdown.
Saranno gli ultimi inevitabilmente ad mettere il naso fuori e abbandonare la modalità “da remoto”.
Perché un’assemblea è un assembramento ( sembra banale e ripetitivo, ma è così ), potenzialmente un vettore di contagio prodigioso.
E’ giusto così, bisogna rispettare le regole se vogliamo evitare che il virus torni a chiuderci in casa e a terrorizzarci.
Ci sono strade alternative e le pratichiamo quotidianamente.
Abbiamo imparato a usare zoom, abbiamo scoperto che esistono i webinar per fare i convegni, abbiamo moltiplicato la presenza sui social.
Sono lo spazio dell’oggi e del futuro, sono una straordinaria piazza virtuale per non perdersi di vista, per confrontare le idee, per non mollare la presa nella battaglia politica.
Dobbiamo usarli perché tutto possiamo fare tranne perdere la voce.
Ma bastano? Mi bastano?.
Io sogno di poter tornare ad ascoltare le persone sentendo il loro fiato e annusando il loro sudore, a camminare in un corteo consumando le suole delle scarpe, a entrare in una cucina piena di militanti che preparano la cena per una sottoscrizione o per una festa di partito, ad attaccare un manifesto e distribuire un volantino durante le campagne elettorali.
Mi manca questa dimensione, lo ammetto.
Non è nostalgia ne’ cecità ideologica, ma bisogno di sentirsi parte di un popolo in cammino.
Quando vedo le foto o i video di una piazza con le bandiere rosse continuo a commuovermi e sperare.
Lo ammazzeremo questo Covid.
Perché la storia non finisce qui.

Arturo Scotto