Se Fratelli d’Italia supera Salvini, si fa male Draghi

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meloni
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Mettiamo che in un prossimo lunedì sera, nel consueto sondaggio politico del Tg di La7, Enrico Mentana annunci che FdI ha superato la Lega

Diventando così il primo partito (sempre “se si votasse oggi”). Fantapolitica? Mica tanto considerato che, nelle intenzioni di voto, il 3 maggio scorso il partito di Giorgia Meloni aveva con l’ennesimo balzo toccato quota 18,7%. Mentre il partito di Matteo Salvini arretrava di un punto ancora fermandosi al 20,9%. Una differenza di due punti virgola due niente affatto incolmabile alla luce della tendenza consolidata nel derby sovranista che in poco più di un anno ha visto FdI conquistare almeno una decina di punti e il Carroccio perderne altrettanti.

Un sorpasso futuribile ma le cui probabili conseguenze sono già sotto i nostri occhi.

1. Il costante arretramento leghista non può essere accettato nell’indifferenza dei vertici e della base soprattutto in un partito strutturato su base federale nel quale il segretario è un primus inter pares che resta tale finché porta valore aggiunto in termini di consenso. Anche per effetto degli inevitabili malumori, Salvini ha scelto, da un giorno all’altro, di passare dall’opposizione alla maggioranza di Mario Draghi. Con lo scopo di tacitare con qualche poltrona ministeriale e di sottogoverno alcuni collettori di voti (per esempio, il lombardo Giancarlo Giorgetti, o il chiacchierato Claudio Durigon nel Lazio). Cercando pure di non scontentare il potere moderato incarnato dal presidente veneto Luca Zaia.

2. È stata una manovra spericolata che tuttavia non soltanto non ha interrotto l’emorragia di voti verso FdI, ma costringe il leader leghista a continue acrobazie per apparire sia di lotta che di governo (un colpo al cerchio e uno alle riaperture). Senza risultati tangibili. Anzi. Poiché l’evidente travaso di voti nella destra premia piuttosto la scelta della Meloni che adesso egemonizza in solitudine il campo dell’opposizione.

3. Le convulsioni del salvinismo già oggi rappresentano un problema non piccolo per Mario Draghi. Che oltre a chiedere all’alleato verde di darsi una calmata è costretto a sorbirsi le rimostranze del pd Enrico Letta che sulla crisi di Salvini, come dicono a Parigi, chiagne e fotte. I fatti ci dicono quindi che per il premier un sia pure simbolico sorpasso a destra non sarebbe affatto una buona notizia. Proprio perché per Salvini sarebbe pessima. Adesso i due cercano di darsi una mano. Finché sarà possibile.

di Antonio Padellaro