Senza investimenti per l’Italia non c’è alcun futuro

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Si apre una settimana decisiva per il governo, mentre l’economia del Paese continua a soffrire. Siamo in stagnazione, forse in recessione. Venerdì scorso l’Istat lo ha certificato: il secondo trimestre di quest’anno è a crescita zero. “La stima di luglio parla di una variazione nulla tendenziale, cioè una stima peggiore rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Questo significa che non c’è possibilità di mantenere gli obiettivi di finanza pubblica che lo stesso governo aveva immaginato”. A dirlo ai microfoni di RadioArticolo1 è Riccardo Sanna, coordinatore dell’area politiche dello sviluppo della Cgil.

D’altronde, nel Def che il governo ha presentato in primavera la previsione di crescita prevedeva una variazione di 0,2 punti percentuali. “Ma si immaginava una crescita per il 2020 dello 0,7% – ricorda ancora Sanna –, mentre prima che il governo s’insediasse la stessa previsione per il 2019 era dell’1,4%, per il 2020 dell’1,3%. Quindi, i conti che dovevano portare al famigerato pareggio di bilancio avrebbero portato, in realtà, a un deficit attorno al 2%”. È evidente che non ci si è riusciti, e in corso d’anno “sono stati realizzati provvedimenti per recuperare circa 7-8 miliardi. Non è una novità assoluta, ma un aggiustamento di questa portata durante l’anno, molto prima della legge di bilancio, la dice lunga sulle previsioni mancate”.

La crescita zero, tra l’altro – spiega ancora l’economista – comporta “un trascinamento negativo sui conti del prossimo anno”. Ma il problema è soprattutto “una stagnazione strutturale, parallela alla depressione della crescita occupazionale”. Il freno per l’Italia, in sostanza, è l’incapacità della struttura produttiva “di generare crescita”. In un vuoto di domanda che continua a insistere sull’economia nazionale, quindi, “non c’è via d’uscita se non ripartire dalla domanda. Non a caso, la variazione nulla del Prodotto interno lordo è dettata da un contributo nullo dei consumi privati e della spesa pubblica. E la variazione positiva degli investimenti certificata dall’Istat è ascrivibile ai soli mezzi di trasporto”.

L’Ocse, in realtà, ha dichiarato un rallentamento globale nel secondo trimestre 2019. La Francia e la Germania sono in ‘zona zero-virgola’, mentre la stessa area Ocse cresce solo dell’1,6, un dato molto inferiore alle attese. “Noi invece siamo a zero – spiega ancora Sanna –, ma il problema non è il gap che abbiamo maturato in questi anni. II fatto è che non possiamo più affidarci alle politiche che puntano tutto sulla svalutazione competitiva, in particolare del lavoro, per farci trainare dalle esportazioni”. Anche in questo caso, infatti, l’Istat conferma che sono cresciute meno del solito: “La bilancia commerciale nel trimestre è andata in negativo, quindi non abbiamo né crescita della domanda interna, né crescita della domanda estera”.

A tutto ciò si aggiunge un ulteriore calo della fiducia dei consumatori e delle imprese. “Resta la centralità della domanda – continua Sanna –. Affinché le stesse imprese investano, affinché aumentino i consumi, affinché i risparmi diventino inferiori rispetto al consumo e affinché la stessa macchina pubblica abbia fiducia in un sistema che assorbe i propri investimenti e le proprie risorse, è necessario aumentare il ruolo economico dello Stato. Solo così sarà possibile imprimere uno shock di investimenti e di occupazione”. Non a caso tra le priorità che la Cgil ha esposto in queste settimane al primo posto ci sono “investimenti fissi e occupazione pubblica”.

Servono fondi, insomma, “che possano generare l’innovazione, la ricerca, lo sviluppo, con priorità alla sostenibilità. Perché tutto il mondo sta investendo verso la green e la blue economy, quindi dobbiamo ragionare con l’Europa su quali risorse svincolare. La cosa più importante, in questo momento, non è badare ai conti, ma capire come spendere le risorse che abbiamo a disposizione. Si discute molto di riforma fiscale, ma è chiaro che senza un aumento dei salari, un’altra iniezione di fiducia per i consumi, e senza investimenti per imprese e famiglie, è impossibile generare la fiducia necessaria al sistema”.