Sono sui socialmedia da 11 anni

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Sono sui socialmedia da 11 anni, ma quello che mi sono sentita dire negli ultimi 14 mesi non ha precedenti. 14 mesi. Tanto è durato il governo uscente, tanto è durato il processo di promozione dell’insulto da bar a linguaggio istituzionale. Questi commenti sono apparsi a centinaia sulle pagine ufficiali di un partito e di un ministro e non sono mai stati rimossi senza ricorrere a segnalazione o querela. Si chiama “bodyshaming”, denigrazione del corpo, ma in realtà serve ad annichilire lo spirito. Sulle donne ha un impatto violentissimo, perché nella nostra società il corpo femminile è demanio pubblico. Continuamente sottoposto a giudizio, è usato come rappresentazione e incarnazione di valore (o disvalore) collettivo ed è il bersaglio primo di ogni attacco alle donne dissenzienti. Per questo le Morgane che io e @chiaratagliaferri abbiamo scelto hanno corpi dalla differenza prepotente. Ciascuna ha usato la sua carne come spazio espressivo di sè e che in quella cornice di libertà ci fossero le chiappe al vento di Vivienne Westwood, le ferite autolesioniste di Marina Abramovic, le invisibili stigmate di santa Caterina o i pompini di Moana alla fine non fa tutta questa differenza.
Non so e non credo che il bodyshaming sulle donne finirà. So però che è essenziale non farsene spezzare. Per ogni “cesso” o “scrofa” che riceviamo, l’antidoto è ricordare la forza che quelle parole vorrebbero spegnere. La bellezza che sappiamo riconoscere in noi stesse è la fonte della libertà che vorrebbero negarci. #morganasonoio.                          Michela Morgia.