Sostiene Bolsonaro

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È passato meno di un anno dall’elezione di Jair Bolsonaro, e il nuovo presidente è già riuscito a far vedere al Brasile e al mondo di che pasta è fatto.

Sostiene Bolsonaro che le sue dichiarazioni non hanno conseguenze, che i principi basilari della democrazia non sono così importanti, che le critiche non vanno rispettate.

Sostiene Bolsonaro che dei dati ufficiali non bisogna tenere conto, che è superflua la pratica del dialogo (persino con gli altri membri del suo stesso governo), che la sua volontà può essere imposta con le minacce, che è lecito licenziare ministri e esperti, espellendo dal partito tutti coloro che osano non essere d’accordo con le sue volontà e con i suoi decreti, mentre viene sostenuto da gran parte dei suoi elettori.

Sostiene Bolsonaro che si possa procedere per strappi alla Costituzione, che è normale l’indicazione del figlio Eduardo all’Ambasciata Brasiliana negli Stati Uniti, che è accettabile la sospensione dei processi contro l’altro figlio, Flavio, coinvolto in corruzione e riciclaggio di denaro.

Sostiene Bolsonaro che un giornalista come Glenn Greenwald, vincitore del premio Pulitzer ed editore del giornale The Intercept Brasil, debba essere cacciato dal Brasile. Sostiene Bolsonaro che sia inaccettabile aver scoperto e pubblicato conversazioni tra l’attuale ministro della giustizia, Sergio Moro, e Deltan Dallagnol, Procuratore responsabile dell’Operazione “Lava Jato”, in cui i due tramavano per far sì che l’ex-Presidente Luís Inácio Lula da Silva rimanesse in galera.

Sostiene Bolsonaro che non c’è mai stata dittatura militare in Brasile. Che Ustra, il torturatore e assassino di quel periodo, è un eroe nazionale. Che tutti i documenti ufficiali sui morti nel regime sono “balle”.

E poi l’ambiente: sostiene Bolsonaro che a preoccuparsene sono “solo i vegani”, e che per averne cura “basta fare la cacca ogni due giorni”, così “non si inquina”. Sostiene Bolsonaro che i dati degli Istituti Nazionali di Statistica erano falsi, e che è stato giusto aver licenziato i direttori degli Istituti Nazionali di Statistica, visto che li diffondevano.

Sostiene Bolsonaro che il Brasile è un esempio mondiale di preservazione ambientale, dove non vengono usati pesticidi, nonostante ne siano stati già legalizzati più di 200 tipi diversi. Sostiene che la Germania “di ambiente non capisce niente”, e che “Il Brasile non ha bisogno del loro aiuto”, né di quello della Norvegia per la preservazione della foresta Amazzonica.

Sostiene Bolsonaro che la devastazione delle terre indigene è normale, e non ce ne dovrebbe interessare.

C’è una parte dei Brasiliani, però, che non si arrende, e che lotta quotidianamente contro l’ignoranza di una società ormai dominata dalla cultura dell’odio, dalla superficialità e dalle fake news. Una società che non conosce la propria Storia, che banalizza le tradizioni del suo popolo e che desidera, così come il Presidente, la scomparsa di tutti i “comunisti”, ossia tutti coloro che non accettano un governo autoritario, razzista, omofobo e machista, inclusa la stampa.

La settimana scorsa, si sono uniti alle grandi manifestazioni nazionali contro i fortissimi tagli all’istruzione e il programma “Future-se” (per la privatizzazione dell’educazione pubblica) due cortei di donne a Brasília: la Marcia delle Margherite e la Marcia delle Donne Indigene.

La prima, la più grande mobilitazione di donne che lavorano nei campi e foreste del Brasile di tutti i tempi, rivendicava terra, lavoro, uguaglianza, giustizia e dignità.

La seconda, che ha occupato il palazzo del Ministero della Salute, ha manifestato contro il governo, che vuole esplorare e devastare i loro territori, negando il loro diritto all’esistenza.

Ogni giorno in Brasile, per rispondere a Bolsonaro, ci sarà una nuova battaglia contro oscurità, intolleranza, crudeltà, odio, bugie, minacce, attacchi, ignoranza e autoritarismo.

Il Presidente e i suoi alleati capiranno sempre di più che non sarà facile fare tutto ciò che vogliono perché il Brasile ha già sconfitto una volta la dittatura, e sa cosa significa vivere in democrazia.

Siamo un popolo pacifico, ma forte, composto da tanti colori, razze, etnie e religioni. E nulla e nessuno potrà cambiare le nostre origini e cancellare la nostra storia. Tantomeno un Presidente che sostiene pericolose falsità.