Speranza: più fondi a medici e farmacie, alleggerire i pronto soccorso

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Un grande patto per rilanciare il Servizio sanitario nazionale. Dieci miliardi di euro che Roberto Speranza vuole investire da qui alla fine della legislatura (che lui auspica essere nel 2023) e dei quali discuterà con il governo. Intanto il Ministro alla Salute ha appena trovato i soldi per acquistare strumenti diagnostici da mettere negli ambulatori dei medici del territorio e nelle farmacie. In questo modo, tra l’altro, verrà ridotta la pressione sui pronto soccorso degli ospedali, in difficoltà in questo periodo di freddo e influenza sempre più diffusa. Altro denaro arrivato in questi primi 100 giorni di incarico al ministero del coordinatore nazionale di Articolo Uno servirà per sbloccare le assunzioni e anche per regolarizzare 30 mila precari tra medici, infermieri e altro personale sanitario.

Ministro, si avvicina il periodo influenzale e i pronto soccorso saranno presi d’assalto. Come rispondete?

«L’ospedale è naturalmente il luogo che si fa carico dei problemi acuti. Stiamo facendo investimenti per migliorarne la qualità. Oggi, però, la sfida è quella di rafforzare il territorio per rispondere all’esplosione delle cronicità, figlia di una popolazione più anziana. I medici di medicina generale, i pediatri e le farmacie sono i punti di maggiore capillarità che abbiamo. In tutto gli studi sono 54 mila, le farmacie 19 mila, le parafarmacie 4 mila. La potenzialità è enorme, abbiamo almeno uno di questi presìdi in ogni strada di città, ma anche nei paesi di 2 mila abitanti. Lo Stato li deve valorizzare meglio».

In che modo?

Rafforzeremo ambulatori e farmacie. Diamo 235 milioni agli studi medici per favorire attività diagnostica di primo livello e 50 milioni per estendere a tutta Italia la farmacia dei servizi, oggi in sperimentazione solo in alcune regioni.

Cosa avverrà praticamente?

Tenendo conto che spesso i medici condividono gli studi, daremo a ciascuna di queste strutture circa 8 mila euro per strumenti da mille duemila euro come ecografi, elettrocardiografi e spirometri per fare una prima valutazione diagnostica. Nelle farmacie si sperimenteranno forme di assistenza oltre alla distribuzione del farmaco. Penso a test basilari come la glicemia».

Che risultati si aspetta?

«Se diamo una risposta al cittadino, per di più vicino a casa sua, riduciamo la pressione sulle strutture come i pronto soccorso e gli ambulatori. Questo filtro può ridurre le richieste inappropriate. Non solo, lo Stato darà anche maggiore sicurezza alle persone: chi vive in zone isolate troverà un presidio sanitario più attrezzato dove affrontare rapidamente i problemi».

Proprio chi vive nei centri minori lamenta la chiusura di piccoli ospedali o sale parto. Come si rassicurano queste persone?

«La legge prevede la chiusura dei punti nascita da meno di 500 parti l’anno. C’è un comitato che valuta le eccezioni su base geografica e può dare deroghe. È chiaro che questo tema sviluppi tensione nei territori, che meritano ascolto, ma la nostra bussola non può che essere la sicurezza di mamma e bimbo. Sugli ospedali periferici, in questi anni la sanità ha subito troppi tagli e ne hanno fatto le spese anche strutture delle aree più disagiate, che comunque spesso vanno ripensate. Questi e altri problemi si risolvono solo in un modo».

Quale?

«Con un grande piano di finanziamento. Nella legge di bilancio abbiamo iniziato mettendo 2 miliardi in più nel fondo sanitario e stanziandone altrettanti per edilizia e tecnologie. Ora ci vuole una nuova stagione di investimenti: vogliamo salvaguardare l’impianto universalista dell’articolo 32 della Costituzione, come abbiamo già fatto abolendo il superticket. Al tavolo di rilancio del governo, a gennaio, proporrò 10 miliardi sulla sanità da qui al 2023. Cosi si può fare un nuovo grande patto-Paese per riformare il sistema che dovrà coinvolgere tutti i soggetti protagonisti della sanità».

Intanto, alcuni di questi soggetti, come i medici, affrontano gravi carenze di organico. Come affrontate il problema?

«Abbiamo alzato i tetti alla spesa sul personale. Ora le Regioni possono investire sui lavoratori fino al15% della quota aggiuntiva del fondo. Da12019 al 2020 passiamo dal 5% su 1 miliardo al15% su 2. Ci saranno nuovi concorsi, intanto autorizziamo lo scorrimento delle graduatorie degli idonei per immettere subito medici, infermieri e altro personale in corsia. Infine è stato appena approvato un emendamento che allarga i termini della legge Madia, solo per la sanità, fino al 31 dicembre 2019. Così 34 mila lavoratori passeranno a tempo indeterminato. Una cosa bellissima per la vita di queste persone e anche per il Servizio sanitario nazionale, che si rafforza».