Stati generali: Di Battista prepara la sua “proposta”

0
72
Alessandro Di Battista

La partita non ha ancora un campo di gioco, delle regole e forse neppure una data. Quella del 13 marzo, soffiata alle agenzie, non è mai stata ufficializzata sul blog delle Stelle e comunque ora tira forte aria di rinvio, perché il referendum sul taglio dei parlamentari sarà il 29 dello stesso mese, e può essere la ragione per prendere tempo. Ma nel M5S la stanno già tutti preparando la corsa degli Stati generali. Formando le squadre oppure cercandone una.

Di Maio e i suoi apostoli della “Terza via”

Il fu capo politico si è dimesso mercoledì scorso e per ora la strategia è starsene zitto a guardare l’effetto che fa. Ora c’è un reggente, Vito Crimi, alle prese col M5S allo stato gassoso. Nell’attesa, Di Maio riflette sul suo progetto: un Movimento equidistante da destra e soprattutto sinistra, barricadero come ai tempi del 2013, con una segreteria ristretta e due capi a compensarsi l’uno con l’altro, la sindaca di Torino Chiara Appendino e magari Alessandro Di Battista. Ma l’essenziale è la direzione, opposta a quella del premier Giuseppe Conte, che martedì ha invocato un asse innovatore progressista contro le destre, con dentro il M5S. E a stretto giro gli ha replicato la dimaiana doc Laura Castelli: “Il Movimento esiste proprio per la terza via, che ha permesso a questo Paese di trovare stabilità e ha dimostrato di poter andare oltre le ideologie”. È la linea su cui Di Maio insisterà assieme a fedelissimi come Manlio Di Stefano, Francesco Silvestri e Maria Edera Spadoni. E all’ex capo si è riavvicinato il Guardasigilli Alfonso Bonafede, ieri nominato capo delegazione al governo per acclamazione.

La mossa Di Battista per rigiocarsela

Ora sta in Iran, concentrato su tutt’altro. Ma Di Battista è già il fattore X, l’incognita che può ribaltare i piani. A inizio anno con Di Maio è stato strappo per l’espulsione di Gianluigi Paragone, amico che l’ex deputato ha difeso. Poi i due hanno ripreso a risentirsi, con Di Battista che ha fatto la prima mossa. E l’ex capo, pragmatico, lo vorrebbe nel suo progetto: innanzitutto per mietere consenso tra gli iscritti. Di Battista lo sa, ma ha grande voglia di giocare in proprio. Così prima degli Stati generali presenterà una sua proposta politica, un documento con punti programmatici e valori con cui ripartire e volendo rifondare il M5S. “Una proposta fortemente anti-liberista”, racconta chi gli ha parlato. E ovviamente il senso di marcia porta molto lontano dal Pd. Dalla sua Di Battista ha l’ex ministra Barbara Lezzi, gli ex sottosegretari Simone Valente e Gianluca Vacca e il segretario d’Aula alla Camera Daniele Del Grosso. Mentre con l’eurodeputato Ignazio Corrao il legame è quasi simbiotico.

Il pontiere Buffagni e i grillini del Nord

È stato un dimaiano di ferro e ora non è certo ostile al ministro. Però il lombardo Stefano Buffagni, viceministro allo Sviluppo economico, cerca un suo percorso. Giocando comunque di sponda con Di Maio e la sua terza via. “Sono convinto che il M5S debba essere se stesso e non pensare a scelte per allargare il campo, altrimenti la gente vota l’originale, noi non siamo il Pd” ha ribadito ieri al fattoquotidiano.it. Ma Buffagni vuole farsi anche promotore delle richieste del Nord “abbandonato” come ha sostenuto, rilanciando su imprese e fisco. Temi su cui può fare asse con un dimaiano ortodosso come Jacopo Berti, capogruppo in Veneto, e con il capogruppo in Lombardia Dario Violi. E il vertice, come lo vorrebbe? Un organo collegiale, “stile Politburo ma a 5Stelle” scherzano: ma non troppo.

Paola Taverna e la carica dei filo-dem

Conte non è certo solo, anzi. Di parlamentari fautori della rotta a sinistra il Movimento ne conta a decine. E tra i ministri è la linea prevalente. Anche un dimaiano come il ministro Vincenzo Spadafora vuole stare da quella parte, sempre più con i dem. Ma la naturale capocordata è la vicepresidente del Senato Paola Taverna, stimatissima dal Garante che tace, Beppe Grillo. “Siamo riformisti per natura” ha ribadito sul Fatto sabato scorso Roberta Lombardi, che è pure nel comitato di garanzia con Vito Crimi. E di campo riformista come luogo naturale del M5S ha parlato a Repubblica il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, che però non vuole giocare da prim’attore. D’altronde anche Taverna pensa a una guida collegiale. Il contrario, del capo alla Di Maio.                                                                                  (di Luca De Carolis – Il Fatto Quotidiano)