Su mille diplomati in materie scientifiche, 24 sono donne e solo sei lavorano nel settore digitale

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Su mille diplomati in materie scientifiche, 24 sono donne e solo sei lavorano nel settore digitale: i numeri del gap di genere nelle materie STEM. La guida autonoma è già realtà. Anche le aziende venete stanno lavorando alle tecnologie: le esperienze di Texa e Eurotech.

Padova – Il 50% delle donne italiane non lavora. Del 50% che lavora, un terzo è part-time. Dei mille ragazzi italiani diplomati nelle materie scientifiche, solo 24 sono donne e solo sei decidono di lavorare nel digitale. Nel 2018 i laureati in discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) sono stati poco più di 72mila, di cui 28mila femmine.

Sono solo alcuni dei tanti dati che rimarcano il gap di genere tra uomini e donne nei percorsi educativi in discipline scientifiche, il quale si riflette poi nel mondo del lavoro. Restano poche le ragazze che scelgono percorsi di studio scientifici, lasciando troppo spesso agli uomini i posti di lavoro nell’innovazione tecnologica, ingegneria e matematica. L’evento “STEM is better, differenza di genere e tecnologia”, ha presentato questa mattina alcune best practice per orientare le ragazze a scegliere percorsi di studio nelle materie scientifiche. Come il progetto di Assolombarda, “STEAMiamoci” (dove la “A” aggiunta sta per Arte), per diffondere la cultura dell’inserimento femminile nei ruoli tecnici. Oppure il caso di Fondazione Maw, con il progetto “Girl code it better”, che promuove programmi e corsi nelle scuole sul coding e la robotica.

Anna Carmassi, advisor board leader del progetto di Assolombarda ha spiegato come l’idea sia partita dalle esigenze delle aziende di incitare ragazzi e ragazze ad intraprendere lo studio delle materie scientifiche. STEAMiamoci organizza conferenze nelle scuole, spinge l’alternanza scuola-lavoro, finanzia borse di studio per ragazze che si iscrivono a lauree scientifiche, promuove cineforum con personalità femminili del mondo tecnologico, sostiene premi assegnati alle migliori brevettatrici.

Costanza Turrini, responsabile del progetto “Girls code it better”, ha ribadito la necessità di partire dalle scuole, sin dalle medie. La proposta di Fondazione Maw prevede laboratori in cui, assieme ad un coach e ad un maker (un insegnante e un tecnico), vengono realizzati veri e propri progetti di creazione digitale – non solo progettazione, web development, coding, realtà aumentata, ma anche come lavorare in gruppo o come avere pensiero critico. I primi dati dicono che dopo un anno di frequentazione a questi laboratori, le ragazze riescono a pensarsi in ruoli diversi e meno tradizionali. La vera sfida è scardinare i condizionamenti culturali che vedono maschi e femmine in ruoli codificati e preordinati (da un lato la ballerina e dall’altro il piccolo chimico); per questo, oltre alle scuole, si cerca di coinvolgere anche le istituzioni e le aziende. “L’altra sfida è sulle competenze – ha concludo Antonella Candiotto, ideatrice dell’incontro, presidente dell’azienda metalmeccanica Galdi -: non è più pensabile che le competenze tecnologiche o digitali non siano contaminate dalle materie umanistiche, come la filosofia, sfera che aumenta le potenzialità delle materie scientifiche”.

“I veicoli a guida autonoma vengono percepiti come una tecnologia futura – dice Fabrizio Dughiero, prorettore dell’Università di Padova e presidente di SMACT -, che, al contrario, è già realtà ed è fondamentale che le imprese italiane dell’automotive sappiano cogliere le occasioni del mercato e adeguare e innovare i loro prodotti”. Alla tavola rotonda intervengono Mauro Conti, professore Cybersecurity dell’Università di Padova, e le aziende: Texa (strumenti di diagnostica per automotive), con il direttore generale Luciano Marton, e Eurotech (moduli embedded, edge computer, HPEC e piattaforme IoT), con l’amministratore delegato Roberto Siagri. Entrambe le aziende stanno lavorando sulla tecnologia applicabile alla guida autonoma e sul computing necessario a questo tipo di mobilità.

A partire da oggi torna anche il consueto appuntamento con i Digital Evangelist, i volontari che diffondono l’alfabetizzazione digitale tra i cittadini in collaborazione con Aspiag, concessionario del marchio Despar per il Nordest. La formula però è diversa: non più incontri dal vivo nelle piazze dei centri commerciali, ma lezioni online su misura e “a domicilio”, su prenotazione per gruppi di 3-5 persone ciascuna.

Tutte le informazioni sul programma e le iscrizioni su www.digitalmeet.it.
Seguite le dirette su https://www.facebook.com/DIGITALmeet/

DIGITALmeet è il più grande festival diffuso italiano sul mondo del digitale, organizzato da Fondazione Comunica e I-Center TAG Padova con la main partnership di Unicredit. L’ottava edizione, che si pone come obiettivo di ricucire il Paese nel segno dell’alfabetizzazione digitale, andrà in scena con un inedito formato misto, sia fisico che virtuale, declinato in veri e propri Format Nazionali che verranno trasmessi sulle principali piattaforme online per raggiungere il maggior numero di persone possibili, nel massimo rispetto delle normative sanitarie anti-Covid. Per il secondo anno consecutivo, inoltre, DIGITALmeet potrà contare sulla media partnership della RAI, che coprirà i principali eventi sia in radio che in televisione. La filosofia di #DM20 resta quella della commistione tra bottom-up e digistar: da una parte le iniziative dal basso delle comunità digitali, dall’altra i grandi ospiti chiamati a proporre nuove chiavi di lettura. Il tutto seguendo il filo conduttore della Smart Land Digitale, per mettere l’innovazione al servizio dello sviluppo economico e sociale.

«Riteniamo che il digitale e la sostenibilità siano, ancor più nel post Covid, due formidabili drive per ricucire intere parti di territorio – afferma Gianni Potti, Presidente di Fondazione Comunica e Founder DIGITALmeet – Pensiamo alla banda ultralarga, al 5G, solo per fermarci alle infrastrutture digitali. Ma pensiamo anche all’alfabetizzazione digitale, per far crescere non solo l’offerta, ma una domanda, un mercato, che non sia incentrato solo nelle grandi città, nei nodi della rete. Il dopo Covid, se ben gestito, offre molte di queste opportunità. L’economia del futuro deve avere come obiettivo non solo il profitto ma anche il benessere sociale della comunità, facendo diventare la sostenibilità del business uno degli indici e dei valori che si sommano al profitto con pari peso e considerazione. Solo così sapremo passare dalla Smart City alla Smart Land Digitale, una terra felice, dove si vive bene grazie alle tecnologie, alla sostenibilità ambientale, ma soprattutto con la persona al centro».