TAGLIO DEI PARLAMENTARI

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Proviamo a parlarne senza retorica.

Oggi inizia la settimana che dovrebbe portare all’approvazione parlamentare definitiva di una riforma costituzionale molto importante per l’Italia. Per la prima volta verrà modificata la consistenza numerica del Parlamento. Una modifica così delicata da non poter essere liquidata con un semplice “Tagliamo le poltrone”.

Se ne è parlato tanto in questi mesi, ma quasi sempre con argomenti retorici, di propaganda, senza affrontare i nodi più importanti.
E’ veramente così utile, necessaria, importante questa riduzione?
Come quasi tutti i provvedimenti, ha cose buone e altre forse meno buone, avrà alcune conseguenze certe e altre invece tutte da verificare.
1) Partiamo dai dati oggettivi: l’Italia ha veramente un numero di parlamentari spropositato rispetto al numero di abitanti? Ha dunque un problema di rappresentatività democratica eccessiva? Probabilmente sì, ma non di molto. Se prendiamo il numero assoluto di parlamentari, indubbiamente l’Italia ha il secondo numero più alto (dopo UK, se consideriamo il numero complessivo). Ma se analizziamo il numero parametrato agli abitanti (un parlamentare ogni 100 mila abitanti) l’Italia è sostanzialmente in linea con gli altri paesi e nella media. Una cosa è certa: dopo l’approvazione del taglio, l’Italia andrà ad occupare le ultimissime posizioni in quanto a rappresentatività democratica parlamentare (avrà in sostanza il minor numero di parlamentari in rapporto agli abitanti).
2) Con il taglio quindi l’Italia avrebbe un problema di difetto di rappresentatività democratica come profetizzano molti? Probabilmente no, e per un semplice motivo di cui si è parlato troppo poco in questi mesi: l’attuale numero dei parlamentari fu pensato in un momento storico dove il potere legislativo era esercitato di fatto solo dal Parlamento. Negli ultimi decenni invece, per quanto riguarda l’attività legislativa, al Parlamento italiano si sono aggiunti e rafforzati altri organi elettivi, il Parlamento Europeo e soprattutto i Consigli Regionali; è per questo che il numero dei parlamentari pensato oltre 70 anni fa, nonostante l’aumento della popolazione, oggi sembra eccessivo, come sostenuto anche da molti altri politici in passato. Questa è forse l’argomentazione più forte a giustificazione della riduzione dei parlamentari.
3) Migliorerà la qualità del lavoro parlamentare dopo questo taglio? Questo è il punto più incerto e al quale è difficile dare una risposta: i parlamentari non più eletti saranno quelli più fannulloni, gli attuali assenteisti e nullafacenti? O al contrario saranno i parlamentari più bravi e competenti, quelli che lavorano assiduamente spesso senza avere la ribalta mediatica, a non entrare più in Parlamento? Difficile dirlo. Probabilmente continueranno ad esserci entrambe le componenti, ma con numeri inferiori. Mi sembra comunque un po’ semplicistica la previsione ottimistica contenuta nello slogan “meno parlamentari=più efficienza”. Vedremo.
4) E’ vero che ci saranno delle asimmetrie nella distribuzione regionale dei seggi? Sì. Le Province Autonome avranno una rappresentanza spropositata rispetto alle Regioni: il Trentino Alto-Adige avrà 6 senatori con 1 milione di abitanti, mentre Abruzzo, Sardegna, Marche e Liguria, pur avendo una popolazione maggiore, avranno 2 o un senatore in meno. Una criticità non da poco perché riguarda milioni di italiani.
5) Ci sarà un risparmio per lo Stato? Sì ovviamente, quantificato circa in 100 milioni l’anno. Tanti, non tantissimi se consideriamo il bilancio complessivo annuale dello Stato. Non credo comunque che il risparmio di 100 milioni possa essere l’unica argomentazione, né quella più forte, a sostegno di questo voto.
6) Tralascio ogni commento sulla qualità del dibattito e della comunicazione di questi mesi su un cambiamento così importante per il nostro assetto istituzionale.

Spero di aver fornito qualche argomentazione utile a comprendere l’importanza, ma anche alcune criticità, di questa epocale riforma.

Gianluca Vacca