TASSE ED EVASIONE

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L’Italia dal 1992 è in avanzo primario (a eccezione di un disavanzo dello 0,9% nel 2009). Questo significa che le entrate fiscali (tasse) sono superiori alla spesa pubblica (in soldoni a noi cittadini torna indietro meno di quanto paghiamo).

Al contrario di quanto racconta la vulgata ideologizzata allarmista e autorazzista del “siamo vissuti al di sopra delle nostre possibilità”, perciò, il nostro è un Paese assai virtuoso da quasi 30 anni (nessuno al mondo ha fatto meglio nello stesso periodo).

Fatta questa premessa passiamo ad analizzare le vere funzioni delle tasse (in uno Stato sovrano esse non servono infatti a pagare la spesa pubblica).

Lo Stato impone tasse ai propri cittadini:

1. Per imporre la moneta a corso legale (obbligando di fatto i cittadini ad utilizzarla in quanto l’unica accettata per il pagamento, appunto, degli oneri fiscali);

2. Per controllare l’inflazione (tassando più o meno si riduce/aumenta la massa monetaria e si regolano i prezzi);

3. Per redistribuire la ricchezza.

La spesa pubblica è fatta a monte del prelievo fiscale e si sostiene con l’emissione monetaria (fatta d’imperio dallo Stato*, dal nulla).

Prima si spende e si mette in circolazione la moneta e solo poi si raccoglie tassando.

A questo punto è evidente che evadere le imposte non sottrae soldi alla spesa pubblica (ospedali, scuole, strade, servizi, ecc.) in quanto le tasse non servono a quello scopo e anzi l’evasione, mantenendo una maggiore quantità di denaro in circolo nell’economia reale (gli evasori quei soldi li spendono o li investono), contribuisce un po’ a ridurre la deflazione e a impedire una più brutale crisi e recessione.

Non suggerisco assolutamente di lodarla ma quantomeno di valutare bene i motivi che spingono a tale pratica e, in parte, a giustificarla perché una pressione fiscale reale che supera il 60%, e spesso costringe a chiudere e spinge a suicidarsi, è immorale (le multinazionali, invece, “eludono a norma di legge” pagando meno del 5% – o addirittura zero – di oneri, facendo quindi “concorrenza sleale”, costringendo a chiudere migliaia di piccole e medie imprese e riassorbendo molti meno lavoratori – e a condizioni peggiori – rispetto ai posti che distruggono).

La stigmatizzazione e persecuzione del piccolo evasore, ovviamente, non è la soluzione (è una falsa soluzione a un problema distorto) ma fa presa sul senso comune (artatamente confezionato); serve solo a distrarre dalla necessità di altri veri interventi di natura macroeconomica e ad alimentare la guerra orizzontale tra gli ultimi (il sempiterno divide et impera).

Note:

* Nella scellerata €urozona, per scelta politica, si è demandato questo potere a una Banca Centrale (di fatto privata): gli Stati debbono elemosinare a prestito la moneta dalle banche commerciali tramite l’emissione e la vendita di titoli del debito pubblico sul mercato.

Il debito è inestinguibile (ma nemmeno deve essere ripagato) per una questione di matematica finanziaria sugli interessi compositi (dal 1980 abbiamo pagato 3900 miliardi di €uro di interessi a fronte di un debito che oggi è di quasi 2500 miliardi) e così si è ingabbiati e ricattati (da gruppi bancari e finanziari), grazie ai trattati, in secula seculorum.
nota di Enrico Gatta