Taxi a Milano, la pessima idea della nuova ondata di licenze

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Quando l’Agenzia delle Entrate “esamina” alcune categorie merceologiche, per l’elaborazione dei tanto odiati studi di settore, si confronta con i rappresentanti delle singole attività, per meglio esaminare il mercato. Con particolare riferimento al servizio taxi ha avuto modo di incrociare molteplici informazioni, arrivando ad una sintesi.

Lo scopo è quello di soddisfare le esigenze di trasporto individuale e piccoli gruppi di persone; sotto l’aspetto dimensionale, il settore comprende realtà diversificate, variabili da città a città, dai piccoli centri ai grossi agglomerati, anche in funzione dell’efficienza dei trasporti pubblici.

Il servizio di taxi viene svolto da imprese private, in forma di cooperativa o individuale e comunque a conduzione diretta da parte del titolare della licenza.

L’assessorato comunale ai trasporti determina l’orario del servizio diurno e notturno, i turni ed il numero delle autovetture per ogni turno. A Milano, per esempio, il servizio è ripartito in sei turni, ciascuno di 9 o 10 ore, che coprono le 24 ore.

Buona parte dei taxi è collegata a centrali radio, costituite sotto forma di cooperative, le quali hanno la funzione di gestire le chiamate telefoniche e di ripartire i costi di gestione fra gli aderenti. Il tassista associato ad una centrale radio ha generalmente un giro d’affari superiore a quello che deriverebbe dallo stazionamento negli appositi parcheggi.

Per poter svolgere “legalmente” l’attività di tassista è necessaria la cd. “Licenza per l’esercizio del servizio di trasporto persone mediante auto pubblica da piazza”. Lo prevede la legge quadroper il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea (lan. 21/1992). Ciascuna regione, poi, ha una propria legge. Per la Lombardia è alla Giunta che competono i criteri per la determinazione del contingente di licenze taxi nel bacino aeroportuale e la conseguente ripartizione delle licenze tra i comuni integrati.
Lo spirito ecologista della giunta Sala…

Il Comune di Milano, mosso da un alterno spirito ecologista, esaminando i dati statistici e valorizzando – nel rapporto domanda/offerta del servizio – il numero delle chiamate inevase, ha ritenuto di sopperire ad una tale “mancanza” con l’immissione di 450 nuove licenze (ovviamente da acquistare a titolo oneroso).

Più taxi, ovvero 450 nuovi veicoli più performanti e più puliti (perché elettrici o ibridi) sarebbero – secondo le stime del Comune – idonei a fronteggiare l’incremento della domanda, in parte giustificata col minor uso delle auto private e dall’altra, col maggior numero di residenti (dal crescente reddito) e di turisti, ugualmente danarosi.

L’esame ha condotto alla sottoscrizione di un documento denominato “Progetto Milano Taxi 2019”, datato 1 Agosto 2019, tra il Comune di Milano e dalle associazioni di categoria.

Ora, però, il progetto e fermo in Regione, dove i numeri sembrano aver assunto un significato differente. Ascoltando i diretti interessati (non gli utenti, ma i taxisti), la proposta sembra invece avere una finalità differente (perché risponderebbe ad esigenze di cassa) e non risolverebbe il problema della “mancanza di offerta”.

Il settore è stato già profondamente segnato dall’avvento della tecnologia (si ricorda su tutte la battaglia contro Uber od il fenomeno del car sharing), e dalla concorrenza con gli NCC (noleggio con conducente). L’introduzione di ulteriori 450 competitori è un calice amaro, che faticheranno a deglutire, anche perché le proposte alternative (trasporto cumulativo, estensione della licenza al famigliare), non paiono aver convinto il Comune.