“Temporeggiare” nel “suk irrisolto del commercio ambulante”

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è l’azione, o meglio la non-azione, che mi si contesta dalle colonne di due autorevoli quotidiani.
Mi domando quanti romani sappiano di chi siano realmente le “non-azioni” che si traducono in una perdita di tempo letale per Roma. Me lo domando vista la qualità dell’informazione fatta da alcuni giornali.
Parliamo del decoro deturpato dal ginepraio di ambulanti e camion bar nel cuore del centro storico.
La battaglia che sto portando avanti ogni giorno, in linea con l’Amministrazione e per il bene della capitale, impone lo spostamento delle postazioni incompatibili nelle zone di pregio.
Processo di riordino, questo, che avrebbe liberato Fontana di Trevi, ad esempio, dal ciarpame.
Dico “avrebbe”, perché il I Municipio, purtroppo unico per competenza titolato ad agire, lo impedisce: contrariamente alla nota da me inviata in data 19 aprile 2019, a seguito del Tavolo Tecnico del Decoro, non ci ha mai risposto con l’invio – entro il termine perentorio del 15 giugno – di un piano di riordino che individuasse postazioni alternative, a detrimento del commercio, del turismo, dell’immagine stessa di Roma.
Un temporeggiamento, direbbero le gentili penne da cui sprizzano le accuse, che io chiamo invece col suo nome: “inadempienza”, e che sabota la nostra mission di restituire dignità alla Capitale tramite il ripristino del decoro.

Ho più volte pubblicamente annunciato, rispetto al commercio su area pubblica, l’intenzione di liberare dalle bancarelle piazze, monumenti e vie simbolo della città.
Non disattenderò questa promessa: la soluzione è quella di essere l’unico alla guida del processo, esautorando quanti bloccano o rallentano il raggiungimento dell’obiettivo.